L'Islanda non diventerà il ventinovesimo stato membro dell'Unione Europea: il governo di Reykjavik, infatti, ha annunciato di aver ritirato la propria candidatura, presentata nel 2010 quando al potere c'era l'Alleanza Socialdemocratica (Samfylkingin). La decisione è stata ufficializzata dal ministro degli Esteri, Gunnar Bragi Sveinsson, che ha indirizzato una missiva al governo della Lettonia, Paese che attualmente tiene le redini della presidenza dell'Unione.

All'interno del documento, il ministro Sveinsson spiega che "gli interessi dell'Islanda sono serviti meglio fuori dall'Unione Europea", con un riferimento soprattutto alle quote sulla pesca, settore che rappresenta una fetta troppo importante dell'economia islandese per rinunciare anche solo ad una piccola parte.

Inoltre, vi è la constatazione del fatto che l'Islanda, da Paese esterno all'Unione Europea, sia riuscita a risolvere in modo autonomo la grave crisi economica nella quale era piombata, al contrario di ciò che accade con gli stati membri, costretti a dar conto a Bruxelles di tutte le misure prese.

Proprio dopo la crisi, nell'ottobre 2012, un sondaggio verificò il cambiamento di orientamento nella popolazione islandese, divenuta oramai contraria nella sua maggioranza ad un'eventuale adesione all'Unione Europea. Un verdetto confermato dalle elezioni politiche del maggio 2013, che hanno portato alla formazione dell'attuale governo, composto interamente da forze euroscettiche. Il nuovo esecutivo, guidato da Sigmundur Davíð Gunnlaugsson, è infatti sostenuto da due forze di centro-destra, il Partito dell'Indipendenza (Sjálfstæðisflokkurinn) ed il Partito Progressista (Framsóknarflokkurinn), che hanno fatto del proprio antieuropeismo il cavallo di battaglia della campagna elettorale.

Il caso dell'Islanda, ad ogni modo, non è unico: in passato, ed in particolare sul finire degli anni '90, infatti, era stata la Norvegia a proporsi come nuovo membro dell'Unione, prima di decidere di non aderirvi se non per quanto riguarda il trattato di Schengen. Restano comunque cinque i Paesi ufficialmente candidati ad integrare l'UE: oltre alla Turchia, che attende addirittura dal 1995, hanno espresso questa volontà la Macedonia (2005), il Montenegro (2010), la Serbia (2012) e, meno di un anno fa, l'Albania.