Sul piano militare in Libia, il fatto più importante è stato l'attacco condotto via terra dall'esercito egiziano contro le milizie del califfato. Sul piano diplomatico, invece, c'è stata la febbrile attività dei sei paesi (tra i quali ovviamente l'Italia) che sono più direttamente coinvolti nella gestione della crisi libica; si sta guardando in queste ore a quello che potrà arrivare dal consiglio di sicurezza dell'ONU. C'è una parte della Libia, quella appartenente al dopo-Gheddafi, che è ancora speranzosa riguardo una transizione pacifica. Nelle strade di Tripoli, la popolazione ha festeggiato il quarto anniversario della liberazione dal vecchio governo del colonnello, ma è un'allegria illusoria.

Le sorti di questa nazione su cui spadroneggia l'ombra prepotente dell'ISIS, sono la discussione principale delle diplomazie mondiali, che in questo momento siedono al consiglio di sicurezza ONU convocato d'emergenza.

Oggi la guerra egiziana allo stato islamico in Libia ha visto un importante blitz via terra a Derna, la città dichiaratasi appartenente al califfato. Sono stati 155 i combattenti della Jihad uccisi, mentre altri 55 feriti, questo è il bilancio dell'attacco che seguirà altri tre giorni di raid ordinati dal Cairo, come risposta all'uccisione dei ventuno cristiani copti egiziani, ai quali papa Francesco, durante l'udienza generale di stamani, ha rivolto il suo pensiero. La linea politica che dovrebbe provenire dal palazzo di vetro di New York è una soluzione politica del conflitto in corso.

Un'iniziativa diplomatica su ambito dell'ONU a cui i primi a convenire sono stati il premier italiano e segretario del PD Matteo Renzi ed il presidente della repubblica francese Francois Hollande. Seppure in un quadro di legalità internazionale, un eventuale intervento militare non è stato escluso a priori.

Un intervento armato rischierebbe però solo di incendiare ancora di più il Medio Oriente, ove Hamas ha reso noto che eventuali ingerenze in tale territorio sarebbero considerate come delle crociate ai paesi arabi e musulmani.

I governi di Francia, Italia, Spagna, Germania, Regno Unito e USA ben sanno che alcuna fazione di quelle in lotta in Libia sarebbe in grado da sola di affrontare la ricostruzione del paese. Proprio per tale motivo la comunità internazionale si è detta pronta a sostenere un opportuno governo di unità nazionale. Tuttavia la crisi libica è collegata anche a quella dei migranti in fuga, per i quotidiani inglesi l'ISIS punterebbe ad usare lo stato nordafricano come trampolino di lancio per invadere l'Europa, infiltrando i propri miliziani nei barconi di salvataggio. Se ora il mondo ha preoccupazioni più che fondate riguardo la situazione in Libia, ancora più inquietanti sono le ramificazioni del califfato prolungatesi anche in Siria, Giordania ed Iraq.