Domenica 22 e 29 marzo la Francia torna alle urne: si vota per le elezioni dipartimentali. Per il Paese transalpino ci si appresta ad un cambio che può definirsi quasi "rivoluzionario", questo perché il bipolarismo politico composto dal partito Unione per un Movimento Popolare (UMP) e il Partito Socialista (PS) potrebbe essere archiviato e venir definitivamente sostituito dal tripolarismo, che vede l'imponente entrata in scena del Fronte Nazionale.

I sondaggi

Le Figaro, uno dei principali quotidiani francesi, da pochi giorni ha reso noti i risultati dei sondaggi per le elezioni dei dipartimenti che, come detto, si terranno nelle giornate di oggi e domenica prossima. La forza politica più accreditata alla vittoria finale è il Front National di Marine Le Pen, in testa con il 30% nelle intenzioni di voto. Superato, dunque, il 28% della coalizione formata dall'UMP di Nicolas Sarkozy e l'Unione dei democratici e indipendenti (UDI). Mentre con il 20% si posiziona terzo il Partito Socialista di François Hollande, nonché l'attuale Presidente francese. Piuttosto indietro gli ecologisti, 7%, e il Fronte di sinistra, 6%. Sempre sulla base di quanto rilevato dal giornale, nel primo turno, è prevista un'astensione dal voto pari al 57%.

I perché delle intenzioni di voto

Il consenso al FN della Le Pen è stato più volte definito un "voto di protesta". Tuttavia, le motivazioni sui vari perché del caso sono da ricercare altrove da una semplice e superficiale "protesta". I cittadini francesi vanno schierandosi con il Fronte Nazionale in quanto, tra i suoi obiettivi principali, si pone la lotta all'Europa e alla sua moneta (l'Euro), è a sostegno della sicurezza e contro l'immigrazione. Ciò è anche quanto sostiene la politologa Virginie Martin, presidentessa del Think Tank Different. Il leader del partito di estrema destra, con i suoi discorsi, va dritta al cuore e alle menti degli elettori. Inoltre, non li fa sentire soli al cospetto di un governo, quello di Hollande, impopolare, che non ha adempiuto in materia di riforme socio-economiche e di altri gruppi politici che sembrano più affaccendati a risolvere le proprie questioni interne, piuttosto che quelle del Paese.