Esaurita l'euforia generata dalla netta vittoria alle elezioni di marzo del Likud, dopo due mesi di febbrili e laboriose trattative, nasce il quarto governo consecutivo guidato dal premier Benjamin Netanyahu, seppur con una maggioranza molto limitata (61 voti a favore, 59 contrari). Con l'espulsione di tre deputati arabo-israeliani, quella di ieri è stata una sessione parlamentare all'insegna del nervosismo, alla fine della quale, dopo l'ufficializzazione del voto, il premier Netanyahu ha ricevuto i complimenti da parte del presidente del Parlamento Youli Edelstein.

Dissidi interni al partito hanno costretto Netanyahu a chiedere un rinvio della votazione, non avendo completato la lista dei nuovi ministri; La seduta è stata posticipata alla sera, mentre la votazione finale è stata effettuata nella notte.

Al fine di riuscire ad ottenere la maggioranza, il partito del premier è dovuto scendere a compromessi con cinque liste differenti, che spostano a destra l'assetto politico istituzionale di questo governo, in una misura che mai si era verificata in Israele. L'esito stesso della votazione, non gli permetterà ampi spazi di manovra, essendo la maggioranza molto risicata; Non a caso, nel suo intervento all'aula, che ha suscitato ferme contestazioni da parte delle opposizioni, il premier ha dichiarato che cercherà di allargare la coalizione, e di varare quelle riforme atte a permettere una piena governabilità del paese.

La lista dei ministri

Al Ministero della Difesa è stato confermato Moshe Yaalon, alle finanze esordirà Moshe Kahlon, mentre al Ministero della Giustizia è stata nominata Ayelet Shaqed. Quest'ultima, appartenente al partito Focolare ebraico, è stata contestata duramente in quanto sostenendo apertamente gli insediamenti dei coloni, cercherà di limitare i poteri della Corte suprema israeliana.

Nel programma del nuovo governo non trova spazio la formula dei "due stati", mentre gli Usa e l'Europa, alla ricerca di una soluzione definitiva al conflitto israelo-palestinese, che ormai si trascina da decenni, starebbero valutando un cambio di politica nei confronti dell'alleato mediorientale. Proprio ieri una dichiarazione del presidente americano Barack Obama, riproponeva la tesi secondo la quale il modo migliore per arrivare a un risultato soddisfacente per ambo le parti e garantire una pace duratura nella regione, sia quello di lavorare per la creazione ufficiale di uno stato palestinese universalmente riconosciuto.

A causa della situazione politica interna e al calo della fiducia da parte dei paesi alleati, oltre alla crisi economica che genera malcontento, al nuovo governo non è data lunga vita, non a caso gli analisti internazionali pensano che in queste attuali condizioni l'alleanza di governo avrà vita breve.