Ogni due anni, a partire dall'inizio della legislatura vigente, all'interno di Montecitorio si vota al fine di stabilire ruoli di primaria importanza nelle 14 Commissioni Parlamentari, ovvero quelli di segretario, presidente e vicepresidente. Parecchie le novità riscontrate in seguito alle votazioni di martedì 21 luglio: soltanto 10, infatti, i nomi riconfermati appartenenti ai partiti della prima maggioranza formatasi nel 2013, principalmente sponda Pd. Saltano, invece tutte le poltrone di Forza Italia, oggi partito d'opposizione, tra cui quella del deputato Giancarlo Galan, ai domiciliari per la questione del Mose e Carlo Sarro, su cui incombe una richiesta d'arresto da parte del Dda di Napoli.

Vi sono state poi alcune new entry da parte di Sel, Scelta Civica, Fratelli d'italia e Alternativa Libera. 

L'escluso eccellente tuttavia resta il Movimento Cinque Stelle

Le 8 vicepresidenze e 11 segreterie occupate fino al rimpasto dai pentastellati, scendono rispettivamente a 2 e 6, fatto questo che li ha portati a sollevare un'altra aspra polemica nei confronti dei partiti e sulle loro presunte illecite spartizioni di poltrone all'interno delle istituzioni. In particolare, il deputato Toninelli ha affermato che si tratta de "l'ennesima porcata all'interno di Montecitorio. Il principio di rappresentanza vuole che il 25% degli italiani che ha votato M5S, dovrebbe vedere i suoi rappresentanti all'interno dei luoghi decisionali.

Così non è accaduto: il PD si è accordato con tutte le altre forze politiche e si è spartito le poltrone, tenendoci completamente esclusi". 

Controbatte il Capogruppo di SeL alla Camera, Arturo Scotto: "Il Movimento per scelta ha rifiutato sistematicamente il confronto con le altre forze di opposizione, confondendo le funzioni di garanzia con le bandierine di partito.

A inizio legislatura hanno calpestato le altre opposizioni e con il voto di oggi si è ristabilito un equilibrio democratico". Dello stesso avviso un ex attivista del Cinque stelle, Samuele Segoni, ora deputato del gruppo politico Alternativa Libera assieme ad altri "dissidenti" grillini; dal suo blog ribadisce: "Nel 2013 il M5S schiacciò con i numeri le altre opposizioni e si prese quasi tutte le cariche lasciate libere dalla maggioranza, lasciando all'asciutto le altre forze politiche, che infatti s'infuriarono e ci tacciarono di totalitarismo.

(...) A questo punto le opposizioni prendono atto del rifiuto al confronto dei grillini, i quali - critica duramente il Segoni - non hanno ancora capito, dopo due anni, né i rudimenti della democrazia né l'importanza di un'azione politica vera e non mediatica".

Sebbene il dibattito sia aperto e si siano delineate grosso modo due linee di pensiero circa questo episodio della politica nostrana, una domanda da entrambe le fazioni, specie quella vicina al Movimento, va posta ed analizzata con la massima onestà intellettuale: quanto, in questi due anni, la strategia isolazionista del non-accordo del M5S ha fruttato in positivo e soprattutto interrogarsi sul proseguire sulla medesima strada o cambiare in corsa con due anni di esperienza alle spalle. Ma anche qui sorge il dubbio, spontaneo, quello che di fatto muove tutta la questione e che arriva fino al cuore dei pentastellati : evoluzione politica o tradimento del mandato elettorale?