Sulla messa in sicurezza delle scorienucleari il governo continua a prendere tempo. Si rischia una procedura d’infrazione da parte dell’Europa per non aver rispettato i tempi della direttiva 2011/70/Euratom sullo smaltimento e collocazione dei rifiuti radioattivi in un impianto autorizzato. L’Italia è inadempiente per non aver presentato entro il dicembre 2014 la relazione nazionale sull'applicazione di tale direttiva.
Il ritardo del governo
Il governocontinua a rimandare e se ne è avuta una nuova prova al Question time alla Camera quando ha preso la parola il ministro Galletti su richiesta dell’on.
Latronico del gruppo conservatori e riformisti. Il governo continua a rinviare su un tema delicatissimo a cui si aggiunge un’altra questione altrettanto delicata, ha detto Latronico, cioè il timore dell’esecutivo di prendere una decisione per il paese, “quella di avere un sito nazionale per tenere in sicurezza i rifiuti dal passato, i rifiuti del presente e i rifiuti del futuro” . Il risultato è che l’Italia è in forte ritardo sulla messa in sicurezza delle scorie nucleari “che ogni giorno vengono prodotte da ospedali e fabbriche” e soprattutto sull’individuazione di un sito sicuro per la collocazione. E’ un primato che l’Italia detiene in Europa insieme a Portogallo e Grecia.
Nessuna certezza sul sito di smaltimento
Voci di stampa, ha ricordato Latronico, parlano del Sud della Puglia, alcune aree della Basilicata ionica e del Molise, la zona costiera della Campania, del Lazio e della Toscana, come possibili territori in grado di ospitare i depositi nazionali di scorie nucleari. Al momento, però, ha assicurato il ministro Galletti, “non si possono considerare attendibili queste anticipazioni” perché prevale un regime di “riservatezza” su tutto il processo di individuazione del sito nazionale di deposito delle scorie che vede coinvolti la Sogin e i ministeri dello sviluppo economico e dell’Ambiente.
Il percorso istituzionale
Il rilascio del nulla osta della Sogin alla pubblicazione della Cnapi, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, e il lavoro istruttorio dei due ministeri, rappresentano l’inizio di “un percorso istituzionale” , ha detto Galletti, nel quale saranno coinvolti i cittadini delle regioni e dei comuni interessati, “che porterà prima a individuare alcune aree idonee ad ospitare il deposito nazionale e solo dopo a individuare il sito”.
Previste consultazioni pubbliche
Del resto, ha continuato il ministro, la procedura di localizzazione del sito nazionale è disciplinata dal d.lgs. n. 31 del 2010 che prevede anche consultazioni pubbliche sui territori, per raccogliere proposte e osservazioni, e valutazioni di impatto ambientale. E’ qui che “si potranno far valere tutte le legittime istanze, anche attraverso la formale interlocuzione con gli enti territoriali specificatamente interessati”. Una procedura complessa, dunque, per evitare le proteste nei territori interessati come accadde a Scanzano ionico in Basilicata nel 2003. Per il momento, ha concluso Galletti, le varie ipotesi di localizzazione riportate dalla stampa “non sono attendibili visto che per la documentazione consegnata ai due Dicasteri è prevista la classificazione di riservatezza attribuita dalla Sogin Spa alla proposta della Carta” .