Con il Referendum del 4 dicembre gli italiani saranno chiamati a votare con un Sì o con un No sull’approvazione o meno del testo di legge, approvato dal Parlamento, di alcuni punti della riforma costituzionale italiana, tra i quali la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione.

Titolo V della Costituzione: cosa prevede la riforma del referendum

Il quesito del referendum del 4 dicembre, sulla riforma della Costituzione italiana, prevede anche una possibile riduzione nel campo delle competenze e dell’autonomia delle Regioni italiane attraverso la modifica del Titolo V, cioè quella parte della Costituzione nella quale sono contenute delle norme molto importanti per la regolamentazione delle autonomie locali.

La riforma Costituzionale del 2001, aveva già in qualche modo, inciso sul Titolo V quando vennero stabilite una serie di regole sulle “competenze concorrenti”, cioè in pratica delle situazioni delle quali dovevano occuparsi, in concomitanza, lo stato e le regioni. Con il referendum del 4 dicembre, molte competenze ritorneranno esclusivamente di competenza dello stato.

La modifica del Titolo V: cosa cambierà alle competenze locali delle Regioni

La modifica iniziale del 2001 del Titolo V, secondo gli esperti del settore, avrebbe causato l’insorgere di molti conflitti tra gli organi dello stato e quelli preposti delle regioni. Il problema sarebbe derivato dal confine, poco chiaro, delle “competenze concorrenti” che non avrebbero determinato in modo esplicito i compiti riservati alle regioni e quelli dello stato centrale.

Con la riforma del referendum del Titolo V verrebbe eliminata l’incertezza sulle competenze, demandando unicamente allo stato centrale l’esclusiva sulle “competenze concorrenti”, eliminando, quasi del tutto, la delega dei poteri a livello locale e allontanando completamente il "decentramento" della gestione regionale. La struttura attuale delle regioni è il risultato di una serie di riforme del Titolo V incominciate negli anni Settanta e terminata e confermata con un referendum nel 2001.

Scopo delle varie riforme, era quella di dare allo Stato italiano un'aspetto tendenzialmente più “federalista”, con lo spostamento dei poteri decisionali centrali, dai livelli più alti dello Stato, a quelli più locali, con l'intento di “avvicinarsi” di più ai cittadini e alle gestioni locali dei cittadini.