Si avvicina il tanto atteso – non da chi ovviamente ha detto no – inauguration day del neo presidente eletto Donald Trump ed è già iniziata da giorni l’arrivo dei fedelissimi, delle new entry e delle importanti personalità politiche di tutto il mondo a Washington. Alla vigilia della nuova era secondo Trump ci si perde tra nostalgici ricordi di Obama e Lady Michelle tra i corridoi della White House senza perdere di vista l’imminente arrivo del Tycoon, e il gossip si preannuncia succulento.

Tra gli italiani invitati al celebre evento spicca ovviamente il magnate di casa nostra Flavio Briatore che commenta l’attesa dell’entrata alla Casa Bianca dell’amico di vecchia data Donald così: «Sono in città da due giorni.

Gli incontri più interessanti avvengono prima dell'inizio delle celebrazioni». Amico di Donald da molto tempo, Briatore figurava anche tra gli invitati alla cena presidenziale con gli ambasciatori organizzata da Tom Barrack e al pranzo offerto dal vicepresidente Mike Pence. E se ambasciator non porta pena, allora è anche vero che l’ambasciatore porta il peso del nome, basti pensare che nelle filosofie di rinnovo, Trump ha incluso anche lo stile e il registro in voga sul taccuino del suo party planner: no agli inviti planetari e niente delegazioni ufficiali, ma solo inviti ad ambasciatori accreditati e poi guest direttamente dall’agenda personale del neopresidente – questo il caso di Briatore, vecchio amico di avventure.

E se le stelle di Hollywood lo hanno rinnegato, così non è stato per la politica europea, nel Vecchio Continente per giorni non si è fatto altro che attendere quel benedetto invito per rientrare nella lista degli in. L’unico politico italiano a cui è arrivato il fatidico invito è Giulio Tremonti, ministro dell’Economia sotto Berlusconi e anche presidente della sezione italiana dell'Aspen Institute – nonché teorico della controglobalizzazione e dei danni dell’apertura alla Cina, ora demonizzata da Trump.

Invitato anche Paolo Zampolli, italiano doc dal largo portafogli ma soprattutto ambasciatore della caraibica Dominica, alle Nazioni Unite. Caro a Trump anche per avergli presentato circa 20 anni fa la bella Melania, ha avuto l’onore e l’onere insieme a Forbes di organizzare una delle feste di domani sera, ospite d’onore Sylvester Stallone.

C’è invece chi prende le distanze dalla baraonda faraonica di domani e pur sottolineando la vicinanza al nuovo presidente, preferisce attenderlo in un posto più rilassato. Guido Lombardi attenderà il presidente «in Florida: dopo le fatiche dell'insediamento alla Casa Bianca è lì, a Palm Beach, che verrà a riposarsi» per scambiare due chiacchiere prima di tornare al suo alloggio nella Trump Tower, pochi piani sotto la dimora di Trump & Family.

E anche se all’indomani dell’insediamento resterà più che altro un gran mal di testa per i brindisi, le feste e i sorrisi scambiati anche troppo in fretta tra i privilegiati che hanno scelto di dire sì tra le manifestazioni non retroattive della protesta e i bronci patinati dei grandi assenti, l’unica grande verità è che il mondo sta per cambiare, perché nel bene o nel male questa sarà una notte da ricordare.