Le votazioni sul web erano già aperte da una settimana e nella giornata di domenica 12 febbraio alla chiusura del congresso il responso, non del tutto scontato, ha dato una schiacciante affermazione al leader storico del movimento Pablo Iglesias, con 80.315 voti su 155 mila votanti. Il suo diretto rivale, il numero due del movimento Iñigo Errejón ha guadagnato 46.624 voti, mentre al terzo posto si è piazzato con 15.700 il deputato regionale andaluso Juan Moreno Yagüe, l’ultimo posto è toccato al leader della minoranza anticapitalistica Miguel Urbán con 11.165 voti.
Una nuova fase costituente per la Spagna
Alla vigilia del congresso di Podemos i veri sfidanti erano due: da un lato il leader storico Plablo Iglesias, dall’altro il numero due Iñigo Errejón. La contesa sulla leadership del movimento era in realtà il confronto tra due posizioni abbastanza divergenti, data la situazione politica spagnola, per un movimento dalla forte connotazione collettivista, con una chiave spiccatamente territoriale che lo rende unico in Europa. A Podemos e a quel modello si è ispirato Yanis Varoufakis, l'ex ministro delle finanza greco, che da poco ha dato vita al nuovo movimento paneuropeo DiEM25.
I temi precongressuali sono stati legati al rapporto tra la crisi sistemica del paese in relazione alle oligarchie rappresentate dall’attuale maggioranza trasversale, composta dai popolari, dai socialisti e da Ciudadanos.
Per Errejón la crisi di regime spagnola è finita con la vittoria del sistema di potere, nella ultima tornata elettorale, proprio per questo è necessario trovare un accordo con i socialisti del PSOE, al fine di “negoziare” delle azioni che rispondano agli interessi dei ceti meno abbienti. La visione di Iglesias è invece quella di considerare il regime democratico spagnolo ancora nel guado della crisi sistemica.
La necessità è quella di amplificare le contraddizioni per superare questa nuova situazione di potere tripartitica a favore di una fase costituente che disegni uno stato federale, anche per rispondere alle istanze di autonomia della Catalogna, insieme ai verdi e ai comunisti.
Vittoria su tutti i fronti
All’interno del congresso, alle liste dei due leader, “Podemos para todos” e “Recuperar la ilusion” se ne è aggiunta una terza, quella anticapitalistica di Miguel Urbán, “Podemos en movimiento”, che gareggiavano sulla composizione degli organismi interni e dei documenti messi a votazione.
La lista “Podemos para todos” di Iglesias ha vinto in modo schiacciante dappertutto: con l’89 per cento dei voti si è aggiudicata la segreteria, col 60 per cento il Consiglio nazionale. Poi con percentuali che sono andate dal 54 al 61 si è aggiudicato i quattro documenti: politico, etico, organizzativo, e di uguaglianza.
Contro l’alleanza delle élite
Nelle sue dichiarazioni Iglesias, dopo aver ammesso gli errori commessi nell'ultimo anno, ha sottolineato che “il vento del cambiamento continua a soffiare”, scagliandosi in primo luogo contro il partito socialista, promotore non di un progetto di sinistra ma di uno teso a salvaguardare le élite spagnole. Proprio per questo non esiste nessuna differenza, secondo il leader di Podemos, fra i tre partiti che costituiscono la grande coalizione di governo, un’allenaza “radicata nell’immobilismo”.