Intervistato dal Fatto Quotidiano, il filosofo e saggista francese, Michel Onfray, espone la sua opinione sul risultato del primo turno delle elezioni presidenziali in Francia. E le sue non sono certo parole tenere, soprattutto nei confronti di Emmanuel Macron, ma anche dell’intero sistema politico transalpino, diviso tra quello che viene definito il “candidato del capitale”, la rappresentante di un partito di estrema destra come Marine Le Pen e le contraddizioni di socialisti e gollisti. La soluzione proposta dal pensatore sarebbe, invece, quella di un “socialismo libertario”, ispirato al pensiero di Pierre-Joseph Proudhon che teorizzava una “rivoluzione non violenta dal basso”

Onfray contro Macron

Il pensatore post-anarchico se la prende soprattutto con l’ex ministro dell’Economia del governo del socialista Manuel Valls, descritto come il detestabile “candidato dei soldi, delle banche, del liberismo e dell’Europa di Maastricht”.

A detta dell’autore, tra gli altri, del Trattato di Ateologia, il sistema mediatico posto “al servizio del capitale” si è impegnato fino allo spasimo per garantire un esito elettorale favorevole all’enfant prodige di Amiens. “La stampa è stata mobilitata - sostiene Onfray - per scrivere una ‘saga’ Macron. Una descrizione spacciata come perfetta di un candidato “giovane, bello, intelligente, sorridente, studente modello, pianista”. Unito in matrimonio con Brigitte Trogneux, la sua ex insegnante di teatro con un quarto di secolo di anni più del giovane marito, la vera colpa di Macron, secondo Onfray, è quella di essere un ultraliberale “legato alle banche” che ci è stato servito dai media “fino alla nausea”.

Il giudizio su Hollande e Fillon

Dalla condanna onfrayana dell’attuale sistema politico francese non si salva nessuno. A cominciare dal Partito Socialista del presidente uscente François Hollande protagonista, secondo l’autore di Pensare l’Islam, di una “grande commedia” che, facendo emergere un candidato “predisposto a perdere” come Benoit Hamon, ha non solo favorito la corsa di Macron, ma ha anche “voluto punire i frondisti del suo partito” che, a quel punto, si è spaccato tra sostenitori dell’ex banchiere di Rothschild e il ‘comunista’ Mélenchon.

Anche i gollisti, comunque, oggi noti come Républicains, hanno la responsabilità di aver scelto di farsi rappresentare da François Fillon, un uomo definito “dissimulatore, ladro, spergiuro, dichiaratamente cattolico ma profondamente corrotto”. Anche in questo caso, però, ad affossare Fillon sarebbe stata la pilotata “ultra-mediatizzazione dello scandalo” della assunzione come collaboratori di moglie e figli.