La strada per l’approvazione della legge elettorale ha avuto una battuta d’arresto. Oggi, alcuni parlamentari della Camera hanno fatto passare un emendamento, presentato da Forza Italia ma poco prima bocciato in commissione, scatenando tensione e proteste. I lavori sono stati sospesi immediatamente e il PD ha chiamato i suoi a raccolta. Dopo la riunione, Matteo Richetti ha dichiarato all’ANSA: “il M5S ha dimostrato un'inaffidabilità patologica. Ora affrontiamo le amministrative e la prossima settimana decideremo cosa fare".

Le strategie del PD e FI

Tutta colpa del M5S o forse Renzi ha deciso di cambiare rotta? Forse, Matteo ha ascoltato il suggerimento di Napolitano, che qualche giorno fa ha espresso la sua contrarietà a questa riforma sia nei modi –perché esclude le minoranze- e sia nei tempi- poiché sa che la sua nascita determinerebbe la fine del governo Gentiloni e un ritorno all’instabilità.

Forza Italia, dal canto suo, vuole tornare al voto per tentare ancora una volta il colpaccio, o forse, come sostengono i più maligni, solo per ricevere rassicurazioni dai propri fedelissimi sulla fattibilità stessa del progetto berlusconiano. Il mito del Cavaliere è tramontato? Questa è la domanda che assilla gli analisti.

D’altro canto, Silvio si fa vedere poco, anche se le sue sporadiche dichiarazioni sono in grado comunque di fare notizia. Che voglia davvero proporre Mario Draghi a Palazzo Chigi? Anche qui, nessuno sa dare una risposta. Forse è più probabile che stia solo conservando le forze per la campagna elettorale e, oltre al riposo, la sua assenza è utile a creare quell’effetto-sorpresa capace di attirare a sé media e audience.

La frenesia del M5S e la calma della Lega

Il M5S, invece, vuole andare alle urne perché i numeri ci sono ancora e Grillo sa bene che bisogna “battere il ferro finché è caldo”. Tuttavia, i pentastellati sono consapevoli delle dichiarazioni fatte in passato e cercano di rimanere coerenti con il proprio statuto senza però escludere il compromesso con gli avversari.

E se da un lato sembrano aver imparato la lezione sulla necessità di un confronto con i competitor, dall’altro sanno che non tutti i propri sostenitori saranno disposti ad appoggiare-via web- una riforma che porterà -di nuovo- alle larghe intese. Ergo: i grillini dialogano, ma guardano sempre al forum prima di sposare un sistema, che potrebbe generare una rottura con gli elettori.

Al momento, solo la Lega sembra, tra i quattro grandi, il partito più sereno. Ciò sì evince dai toni comunicativi: percettibili, ma non assordanti. In fondo, Salvini sa bene che il momento per mettersi alla guida del belpaese non è ancora venuto. Per aspirare al ruolo di Premier gli serve il mezzogiorno. Tuttavia, egli con la vittoria alle primarie e la capitolazione di Bossi è pronto a raccogliere consensi anche al sud.

Questo, invece, per Giorgia Meloni e il suo gruppo costituirà un problema in termini sia di seggi e sia di alleanze. Tirando le somme, sono tutti d’accordo sul mandare gli italiani ai seggi e anche sulla necessità di un nuovo meccanismo rappresentativo, che fissando i criteri della democrazia le garantisca continuità. Eppure, i fatti dimostrano il contrario.