E’ stato dato ampio spazio sulla stampa e sui media all’incontro del 25 luglio scorso nel castello di La Celle Saint Cloud, presso Parigi, tra il premier libico Fayez Al Sarraj e il generale Khalifa Haftar, allestito dal presidente francese Emmanuel Macron e nell’ambito del quale si sarebbe finalmente raggiunto un accordo di pace tra le due fazioni. In realtà dopo quell’incontro, tutto è rimasto come prima. Almeno per 24 ore.

'Oggi la causa della pace in Libia ha fatto un grande progresso' ha pomposamente dichiarato Macron, dopo il summit. In realtà il presunto accordo ha riprodotto pari pari quello precedente che era stato raggiunto tra le parti il 2 maggio scorso ad Abu Dhabi: nuove elezioni presidenziali e parlamentari entro marzo 2018 e lo scioglimento di tutte le milizie irregolari.

Anzi, ad essere pignoli, si è forse fatto un passo indietro, perché il termine per le elezioni, fissato a La Celle Saint Cloud, è “a partire da oggi 25 luglio 2017”, il che significa che le elezioni promesse si potrebbero tenere anche dopo la data fissata ad Abu Dhabi.

Allora, cosa ha veramente sancito l’incontro di La Celle Saint Cloud, oltre all’ennesima autocelebrazione del Presidente francese? Prendiamo in considerazione il luogo dove è stato stipulato l’accordo del 2 maggio, Abu Dhabi e il precedente tentativo di febbraio, andato fallito: Il Cairo. Ebbene sia l’Egitto che Abu Dhabi sono gli sponsor principali del generale Haftar, leader della Cirenaica, mentre Al Sarraj, che risiede a Tripoli, è sostenuto dall’ONU e, genericamente, dal resto della comunità internazionale.

Con l’incontro del 25 luglio, quindi, Macron ha reso manifesto all’opinione pubblica mondiale il suo appoggio al leader della Cirenaica, anche se, dietro le quinte, ciò era già noto, essendo la Francia uno dei maggior fornitori di armi ad Abu Dhabi e, per interposizione, allo stesso Haftar. Se si guardano bene le facce dei tre protagonisti di Saint Cloud, infatti, la più oscura e defilata è quella di Al Sarraj.

E’ evidente, poi, cosa interessi a Macron: il petrolio della Cirenaica. I pozzi libici, infatti, situati in gran parte nel territorio sotto il controllo di Haftar, fanno gola da tempo alla compagnia francese Total la quale, attualmente, ne ha in concessione di gran lunga meno dell’italiana ENI e, addirittura, anche della spagnola Repsol.

Fu proprio per soddisfare tali mire che, a suo tempo, l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, scatenò la guerra civile che depose il “filoitaliano” Gheddafi.

E’ vero che i contratti di concessione in essere sono ancora gestiti dalla compagnia di Stato libica, sotto il controllo di Al Sarraj, ma la produzione di petrolio, da 1,5 milioni di barili di era Gheddafi si è attualmente dimezzata ed è evidente che la Francia punti a ripristinarla a proprio uso e consumo.

Fatto che, dopo nemmeno 24 ore dall’incontro di Parigi, la situazione politico-militare libica ha avuto un sommovimento, stavolta sì di rilievo. Sarraj, infatti, è giunto a Roma e ha chiesto al premier gentiloni un aiuto militare concreto alla Guardia costiera libica contro gli scafisti e per ricondurre in Libia i migranti fermati all’interno delle acque libiche.

Gentiloni ha ringraziato e, con la sua consueta cautela, si è preso un tempo ragionevole per rispondere. Chiaramente, ha ritenuto opportuno contattare le cancellerie mondiali che veramente contano (Stati Uniti, Russia, Germania, Bruxelles, ecc.) prima di decidere. Poi però, il consenso italiano (leggi: degli Stati che contano) è stato pronunciato e, nei prossimi giorni, ne sarà investito il Parlamento per la formale autorizzazione.

E’ vero che, dopo nemmeno lo spazio di un mattino, il governo libico ha definito l’aiuto richiesto “un supporto logistico e tecnico” che “potrebbe richiedere la presenza di alcune unità navali italiane” e, comunque, con il coordinamento delle autorità libiche. Fatto sta che, prima del summit di Saint Cloud, nelle acque libiche, non erano ammesse navi militari né francesi, né italiane, né di qualsiasi altro Stato, e – a breve, forse – ve ne saranno, ma solo quelle italiane.

Macron, impegnato nel frattempo, a “neutralizzare” l’attacco di Fincantieri all'industria francese, ha tentato la carta umanitaria, annunciando che la Francia sarebbe intervenuta allestendo alcuni centri di assistenza e ricovero per migranti in territorio libico ma ha dovuto fare quasi immediatamente dietro-front, essendo tale ipotesi irrealizzabile. Insomma la “campagna di Libia” di Napoleon-Macron si sta rivelando simile alla sconfitta di Abukir, mentre l’ammissione di unità navali in acque libiche potrebbe consentire all’Italia di respirare per quanto riguarda il vero problema che ha attualmente il nostro governo, cioè quello dei migranti.