Sulla “Repubblica” di oggi, l’editoriale della domenica di Eugenio Scalfari è dedicato alla personalità del neo Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron. Il fondatore ed ex direttore del quotidiano romano paragona il presidente francese a Napoleone Bonaparte ed esprime l’opinione che, così come il grande corso, l’obiettivo di Macron sia quello di imporre la supremazia francese su tutto il continente, ex possedimenti coloniali compresi.

L’ostacolo principale di tale politica – secondo Scalfari – non sarebbe la Germania, con la quale la Francia dell’ultimo mezzo secolo ha sempre trovato un accordo, bensì l’Italia, per la sua posizione nel Mediterraneo e i suoi interessi in Africa settentrionale e nel Medio oriente, in palese conflitto con quelli analoghi della nazione transalpina.

In effetti, i primi cento giorni del neo-presidente danno l’impressione della campagna bonapartista d’Italia ma, pur concordando con Scalfari sui contenuti, riteniamo che la politica di Macron non dipenda tanto dalla personalità del personaggio in questione ma sia la conseguenza di una serie di eventi della storia recente che ripropongono maggiormente un certo ruolo “storico” della Francia moderna sulla scena mondiale.

Con la Brexit non ci sono più ostacoli alla leadership politica di Parigi

Con l’uscita del Gran Bretagna dall’Unione europea, il paese che ne ha tratto il maggior vantaggio politico – strategico è sicuramente la Francia, perché è divenuta l’unico Stato europeo a sedere permanentemente e, con diritto di veto, al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Ciò le permette di rappresentare, da sola, l’Unione Europea nel più importante consesso di Stati del pianeta. Inoltre, è divenuta l’unica potenza militare in possesso dell’arma atomica nella UE, oltre che dell’esercito maggiormente dotato di armamenti moderni ed efficienti.

Tale situazione strategica favorevole, ereditata dalla seconda guerra mondiale e non dalle guerre napoleoniche, non era sfuggita al generale De Gaulle che, mezzo secolo fa, si oppose strenuamente all’ingresso della Gran Bretagna nella comunità europea e, addirittura al predecessore di Macron, François Hollande.

Questi, subito dopo il referendum per la Brexit, ripropose quel progetto europeo di difesa comune – sempre osteggiato dal Regno Unito – che consentirebbe alla Francia di porsi alla guida militare degli Stati europei della Nato e quindi unico riferimento di fronte agli Stati Uniti.

Tale posizione privilegiata della Francia non era passata inosservata nemmeno ai governi italiani democristiani degli anni ’50 e ’60 che si batterono sempre per l’ingresso della Gran Bretagna nella CEE, anche perché già allora si profilava un’intesa cordiale franco-tedesca che avrebbe relegato ai margini il nostro paese.

L’asse Parigi-Berlino è nelle cose, così come il conflitto Roma-Parigi

La Germania non ha interesse ad opporsi alla leadership politica della Francia in Europa, perché la sua visione è economica e non militare. Il suo orizzonte politico economico non è il Mediterraneo o l’Africa bensì l’Est europeo e gli Stati successori dell'Impero Austro-Ungarico (Romania esclusa). Per questo l’azione di Parigi e di Berlino è assolutamente complementare. Il conflitto, quindi, è tra la Francia e l’Italia, geograficamente protratta verso l’Africa e più vicina al Medio Oriente.

Soprattutto, la terra contesa è la Libia, in possesso delle maggiori riserve petrolifere del nord-Africa, quasi completamente circondata dalle ex colonie francesi ma storicamente filo-italiana.

Non a caso un altro predecessore di Macron, Nicolas Sarkozy, volle fortemente l’intervento militare in Libia (un intervento NATO, ma sostanzialmente franco-britannico) che ha portato alla deposizione del “filoitaliano” Gheddafi.

Proprio per scalzare l’Italia dal suo storico ruolo privilegiato in Libia, Macron ha fissato, per il prossimo 25 luglio, un incontro a Parigi tra i due uomini forti dell’area, il presidente al-Sarraj, e il generale Haftar. Ma, tutto ciò è sulla scia del ruolo naturale della Francia dal 1945 ad oggi, già perseguito da De Gaulle, Sarkozy e Hollande. Napoleone, lasciamolo stare.