Ri Chun Hee, la storica presentatrice della televisione di stato nordcoreana, ha annunciato con la sua ormai tipica enfasi propagandistica che la Corea del Nord ha testato con successo un ordigno termonucleare. Questa volta, a differenza da quanto avvenuto nel gennaio 2016, quando la stessa Ri aveva dato l’identica notizia (rivelatasi poi falsa), la scossa tellurica derivante dalla detonazione ha stabilito la potenza della bomba in 120 kilotoni, tra le 6 e le 10 volte più potente dei cinque test precedenti, confermando che il tipo di esplosione effettuata nei tunnel sotterranei di Punggye-ri era una fusione nucleare.
Il successo della byungjin
Un successo per Kim Jong Un e per il suo byungjin, lo “sviluppo parallelo” inaugurato nel 2013 e che traccia la linea di progresso economico e nucleare intrecciati tra loro. La raggiunta fusione non solo cementa il potere del Grande Leader all’interno delle varie commissioni che sono lo specchio reale della politica nordcoreana, ma ribadisce, forse in modo definitivo, l’allontanamento di una fetta di militari non graditi a Kim dai vertici del comando. Tagliando i finanziamenti a gran parte dei settori bellici, Kim Jong Un si era assunto un impegno gravoso: nel caso il programma nucleare fosse fallito la sua leadership sarebbe stata attaccata e, con tutta probabilità, distrutta dalle fazioni a lui avverse portando la Corea del Nord sull’orlo di una crisi catastrofica.
Un pericolo non solo per Kim, ma per tutti i vicini. È per questo motivo che, dietro le proteste di rito, l’esito positivo del test di domenica non è visto del tutto in modo negativo dalla diplomazia sudcoreana. La solidità del Paese a nord del 38° parallelo è, per ora, garantita, e con essa la stabilità dell’intera penisola.
Il dialogo sotterraneo
Del resto la byungjin ha permesso alla Corea del Nord di avanzare economicamente aprendosi ai mercati esteri, migliorando le condizioni di vita di una popolazione sempre meno afflitta dalla fame. Inoltre, mentre in superficie gli attacchi verbali sono all’ordine del giorno, i diplomatici di Pyongyang continuano a dialogare con un numero sempre maggiore di colleghi internazionali, compresi gli statunitensi.
I tasselli al loro posto
Il successo della nuova linea politica lanciata da Kim era talmente importante che dal 2013 ad oggi i ricercatori nordcoreani hanno condotto quattro test atomici e, quando erano oramai vicini al conseguimento della bomba termonucleare, si sono intensificati anche i lanci missilistici. Nel solo 2017 i razzi partiti dalla repubblica asiatica sono stati più numerosi della totalità lanciata durante tutto il periodo di governo di Kim Jong Il (1994-2011). Diventa chiaro, dunque, il collegamento con gli ultimi concitati avvenimenti, in particolare i lanci del 4, 28 luglio e del 29 agosto. Mentre il missile Hwasong-14 sollevatosi dalla base di Mupyong-ni era un missile balistico intercontinentale ipoteticamente capace di raggiungere le coste statunitensi sul Pacifico, l’Hwasong-12 che il 29 agosto ha sorvolato Hokkaido sembra fosse un test per un PVB (Post Boost Vehicle, veicolo di spinta supplementare), uno stadio supplementare al corpo del razzo che permetterebbe allo stesso di aumentare il suo raggio di azione.
Il test del 3 settembre suggella una parte del programma nucleare. Altri esperimenti missilistici sono stati annunciati a breve per verificare l’affidabilità dei vettori intercontinentali. Una provocazione per la maggior parte dei governi, ma per Pyongyang un modo per portare la Casa Bianca al tavolo delle trattative e trasformare l’armistizio di Panmunjom del 27 luglio 1953 in un accordo di pace. Un trattato di pace, infatti, consentirebbe a Pyongyang di poter avere accordi commerciali con gli Stati Uniti e tutti i suoi alleati (in Oriente e in Occidente) favorendo lo sviluppo economico.