‘Vuoi che la Catalogna sia uno Stato indipendente sotto forma di Repubblica?’ A questa unica domanda del quesito referendario del primo ottobre, stando a quanto riferito dal portavoce del governo catalano, Jordi Turull, avrebbe risposto ‘si’ il 90% delle persone che hanno partecipato alla consultazione, ovvero più di due milioni sugli oltre cinque milioni di elettori.
Persone che per votare si erano già messe in fila dalla notte e sono andate avanti nonostante una giornata vissuta ad alta tensione e segnata da scontri e violenze con le cariche della Guardia civil nelle scuole della Catalogna per impedire il voto considerato illegale da Madrid.
A fine giornata le autorità catalane hanno parlato di circa 800 tra feriti e contusi.
Rajoy: ‘non c'è stato alcun referendum’; Puigdemont: ‘guadagnato il diritto ad uno stato indipendente’
In serata sono arrivate le parole del premier spagnolo Mariano Rajoy: ‘Oggi non c'è stato alcun referendum. È stato una messinscena, una sceneggiata ignorata dalla maggioranza dei catalani’. Indignata la risposta del presidente catalano Carles Puigdemont: ‘Lo stato spagnolo ha scritto una pagina vergognosa, rispondendo come sempre con violenza e repressione. Oggi abbiamo guadagnato il diritto ad uno stato indipendente, alla Repubblica di Catalogna’.
#Rajoy dice che in #Catalogna non c’è stato alcun referendum. E questa donna sta solo facendo stretching contro l’artrite. {@LucillaMasini} pic.twitter.com/hmvcQQoOeC
— Soppressatira (@Soppressatira) 2 ottobre 2017
Un popolo e una bandiera, cioè una nazione; ma anche e soprattutto un’economia.
Considerata uno dei motori economici dell’Unione Europea e volano commerciale della Spagna, con la completa autonomia da Madrid la Catalogna diventerebbe uno dei Paesi economicamente più floridi dell’UE. Un’indipendenza che il governo centrale evidentemente non può permettere né economicamente, da sola la Catalogna vale il 20% del prodotto interno lordo spagnolo, né politicamente, perché un’indipendenza catalana potrebbe risvegliare sentimenti analoghi in altre regioni, Paesi Baschi in primis, ma anche oltre i confini iberici.
Le radici del catalanismo
Il catalanismo pare avere radici molte antiche, per alcuni storici precedenti di secoli anche a quell’11 settembre 1714 considerato il D-Day della questione. Quel giorno, dopo oltre un anno di resistenza, Barcellona dovette cedere all’avanzata delle truppe dei Borboni, e i catalani considerarono quell’evento come la prima sconfitta della guerra di secessione.
Altre forme di indipendentismo sono riemerse nei due secoli successivi, e nel 1939 sono diventate scontro militare durante la Guerra Civile di Spagna con Barcellona che si oppose ai militari franchisti. Passeranno poi altri 40 anni prima dell’approvazione del nuovo Statuto di Autonomia della Catalogna (1979). Il dibattito tra Barcellona e Madrid sulla questione dell’indipendenza catalana è tornato quindi a riaccendersi di nuovo forte con l’ingresso nel nuovo millennio.
#Catalogna, il 90% dice 'Sì' all'indipendenza. Affluenza al 42% https://t.co/G0BUkpXtVf pic.twitter.com/1lOuXxChj6
— Adnkronos (@Adnkronos) 2 ottobre 2017
Cosa succederà dopo il referendum?
Ma che succederà ora che il governo di Madrid e quello di Barcellona si sono lanciati come due temerari in questo spericolato scontro?
È necessaria una mediazione: da parte del re Felipe per salvare l’unità interna, e da parte dell’Europa, fin qui silente sulla questione. Perché di fronte a una secessione così avventata e raffazzonata, gli indipendentisti catalani hanno trovato un alleato a sorpresa proprio in Mariano Rajoy, che è riuscito nella difficile impresa di passare dalla parte del torto drammatizzando lo scontro senza riuscire a trovare una soluzione politica, né tantomeno a impedire il voto. A questo punto le conseguenze dell’impatto sono davvero imprevedibili.