Meno di un anno addietro era considerata politicamente datata. Dodici mesi dopo, quando ne mancano due alle Elezioni politiche, la coalizione di centrodestra con il redivivo Silvio Berlusconi, con Matteo Salvini 'rottamatore' del tradizionale Carroccio, con Fratelli d'Italia che ha raccolto le rovine di Alleanza Nazionale e con il movimento Noi con l'Italia che ha composto il quarto polo riciclando l'Udc, è quella che più si avvicina all'ambito 40 %. Quanto serve, a conti fatti, per avere la maggioranza in parlamento e governare. 'A volte ritornano', tanto per citare un celebre libro di Stephen King: in salsa italiana è corretto aggiungere che 'a volte ritornano approfittando delle lacune altrui'.
Il gruppo politico trainato da Forza Italia e Lega, in fin dei conti, è il classico 'cattivo conosciuto preferibile ad un buono sconosciuto' se dobbiamo confrontarlo con il M5S. Nel caso del PD, è un cattivo conosciuto paragonato ad un buono che, secondo molti italiani, si è rivelato peggiore del cattivo. Alla fine il fallimento del berlusconismo appartiene al passato e le vecchie ricette tornano tradizionalmente di moda quando c'è da scegliere un governo. La Storia stessa dell'Italia nel dopoguerra lo indica chiaramente: se gli italiani avessero voluto voltare pagina, non ci sarebbero state oltre quattro decine di governi della Democrazia Cristiana in quasi mezzo secolo. Quella sensazione di stabilità garantita dallo scudo crociato, in tempo di Seconda Repubblica è stata impersonata da Silvio Berlusconi: con quattro governi dal 1994 al 2008 e complessivi 3.291 giorni alla presidenza del Consiglio dei ministri, è il premier più longevo della Storia repubblicana del Paese.
Gli ultimi sondaggi
L'ultimo sondaggio in ordine di tempo è quello curatao da EMG Acqua ed illustrato dal tg della sera in onda su La7, condotto da Enrico Mentana. I dati sono dell'8 gennaio 2018, la coalizione di centrodestra viene stimata al 36,1 % e guadagna lo 0,1 rispetto al sondaggio del 18 dicembre 2017. Le percentuali sono così suddivise: Forza Italia al 14,8 (-0,2), Lega al 13,6 (+0,3), Fratelli d'Italia al 5,5 (+0,1) e la novità del quarto polo al 2,2 %.
Perde qualcosina il M5S che viene dato al 28,2 e si conferma comunque primo partito: i grillini sono vicini al 30 %, ma lontanissimi da quel 40 auspicato da Luigi Di Maio. Prosegue la caduta del PD, stimato al 24,1 % (perde quasi un punto percentuale, precisamente lo 0,8 rispetto al 18 dicembre), mentre gli altri 'fazzoletti' del centrosinistra si dividono una percentuale irrisoria con Insieme (Psi-Verdi-Area Civica) all'1,5, Più Europa-CD con Bonino all'1,4, Civica Popolare con Lorenzin all'1 e SVP (il partito sudtirolese) allo 0,4 %.
Per quanto riguarda Liberi e Uguali, si conferma oltre il 5 % (5,6, perde lo 0,1). Alto il numero degli astensionisti, 32,6 % con una crescita del 2,3 rispetto al 18 dicembre scorso, mentre il 2,5 degli intervistati ha dichiarato che voterà scheda bianca. A fare da ago della bilancia gli indecisi, oggi pari al 15,8 % secondo le stime EMG Acqua.
Di Maio, unico candidato ufficiale
Ad oggi l'unico candidato premier ufficiale è il grillino Luigi Di Maio e per quanto questa scelta abbia visto confluire la stragrande maggioranza del Movimento, non è certamente in grado di spostare gli equilibri così tanto da guadagnare oltre 10 punti percentuale in meno di due mesi. Da qui l'apertura al dialogo post-elettorale (guai a parlare di alleanze in casa Cinque Stelle) ed è evidente che l'unica forza politica in grado di raccogliere questo invito è la nuova creatura di sinistra (Liberi e Uguali) che candida Pietro Grasso alla presidenza del Consiglio.
Inutile dire che la disponibilità di Di Maio a 'costituire un governo con chi ci sta', sebbene possa essere considerata una prova di maturità politica, piace poco all'ala ortodossa del Movimento. D'altro canto lo stesso candidato premier cerca il più possibile di mantenere il suo 'purismo', quando dice che non accetterà nessuna forma di dialogo con Laura Boldrini (che ha aderito al progetto di Grasso) perché "ha piegato i regolamenti parlamentari consentendo alle banche di intascare i soldi dei cittadini italiani", oltre alla sua "totale incapacità di gestire l'aula di Montecitorio". Insomma, non che un approccio tra M5S e LeU sia esattamente in discesa.
Renzi, sconfitta annunciata?
Matteo Renzi non è ancora, ufficialmente, il candidato del PD.
Numerose anime del suo partito vedrebbero di buon occhio un aspirante premier più neutro e meno attacabile, come Marco Minniti o Paolo Gentiloni. Riteniamo che la maggioranza del PD sia comunque con Renzi ed a meno di clamorosi rovesciamenti sarà lui a correre per Palazzo Chigi. Ma per molti elettori delusi rappresenta il 'rottamatore fallito', l'uomo che doveva svecchiare la classe politica e che, invece, avrebbe riproposto la medesima salsa servita in altri piatti. Ad essere sinceri il giudizio sul governo Renzi non è totalmente negativo, pesa comunque la sua incapacità di portare a compimento le annunciate riforme del Paese. Quella più importante, affidata alle urne referendarie, è stata bocciata a larga maggioranza dagli italiani e gli avversari politici sono stati abili a trasformarla in un referendum diretto sul governo Renzi.
La campagna elettorale che ha preceduto il voto è stata forse la più becera, scorretta e squallida dell'intera Storia del Paese (su tutti i versanti, ndr) ed ha messo in mostra il peggio degli italiani, la maggioranza dei quali sconosceva in toto il testo della riforma, ma ha votato pro o contro il premier. Seppure la sconfitta, in fin dei conti, era stata meno netta per Matteo Renzi di quanto espresso dalla fredda logica dei numeri, quel tesoretto di voti è stato dilapidato, il PD è inoltre andato incontro all'ennesimo frazionamento ed a meno di miracoli politici, si preannuncia fin d'ora come il grande sconfitto alle urne del 4 marzo prossimo. Renzi non ha fatto ripartire l'Italia come sperava, il calo di consensi è l'evidenza di una maggioranza di cittadini che oggi lo considera responsabile dei propri problemi quotidiani.
Il 'nuovo' centrodestra
Così, tra difficili metamorfosi grilline e patemi renziani, Silvio Berlusconi è andato oltre i suoi guai giudiziari e si è costruito una nuova 'verginità politica'. Eppure, non serve nemmeno andare troppo indietro con la memoria per comprendere che le varie 'rivoluzioni' politiche dell'ex premier sono franate in maniera ben più disastrosa rispetto a quella di Matteo Renzi. Ma l'italiano medio ha la memoria corta ed alla fine ha pure dimenticato il sostegno diretto o indiretto del cavaliere ad almeno tre degli ultimi quattro governi. Non sappiamo ancora se la Corte Europea darà il beneplacito per la sua candidabilità, ad ogni modo la sentenza non arriverà entro il 4 marzo.
Nel frattempo, il 'Silvio risorto' può giocare al ruolo del 'perseguitato' che conosce a menadito. Correrà per Palazzo Chigi, con la differenza che il suo alleato più fedele, la Lega di Matteo Salvini, è tutt'altro che una ruota del carro come un tempo, ma può trasformarsi in traino e lo sarà sicuramente nelle regioni del Nord Italia. La Lega secessionista di Umberto Bossi non esiste più, Salvini l'ha messa in naftalina ed ha trasformato il partito in una sorta di ultradestra nazionalista sullo stile di Marine Le Pen in Francia. Ciò gli ha consentito l'impossibile, quello di veder lievitare i consensi anche al Centro-Sud. Giorgia Meloni è l'altro volto nuovo rispetto all'ultimo governo Berlusconi ed ha il compito di svecchiare, ma non troppo, la destra storica, avendo cura di mantenere le distanze da partiti e movimenti estremisti, ma badando a non rompere del tutto i ponti.
Non sappiamo ancora quanto possa pesare il citato 'quarto polo', certamente l'esordio al 2,2 % non è negativo.
Tra moderati ed estremisti
La domanda su questa coalizione improvvisamente favorita per il governo del Paese riguarda però la stabilità degli equilibri interni. Quanto può reggere l'alleanza tra il pragmatico e moderato Berlusconi con i populisti Salvini e Meloni? Alla fine la forza di questo gruppo politico è quella di mettere nello stesso calderone le anime dei moderati liberali e post-democristiani con quelle degli indignati più estremisti ai quali Matteo Salvini, ad esempio, pone il suo partito come scudo dinanzi a ciò che sempre più italiani considerano il male assoluto: gli immigrati e le tasse.
Sono anime che non hanno nulla in comune, ma Berlusconi ha bisogno dei voti della destra 'dura e pura' e, pertanto, i suoi compagni di viaggio gli hanno pure imposto una 'agenda delle priorità'. Le urne del 4 marzo daranno la risposta a questo e ad altri interrogativi, ma tutto si poteva attendere dalla politica del Belpaese, tranne un centrodestra tornato in auge sfruttando consumati anatemi: dal berlusconismo di vecchia generazione ad un nazionalismo di facile consumo capace pure di ridestare simpatie neofasciste. Ma le cause di questa improvvisa resurrezione sono da ricercare anche negli accampamenti nemici. Il triumvirato Berlusconi-Salvini-Meloni, alla fine, non è altro che l'astuto terzo incomodo che sorge tra due litiganti poco attenti a guardarsi le spalle.