Contraddizioni, incoerenze, confusione? Niente di tutto questo, in realtà si tratta di una buona dose di realismo ed un'abbondante spruzzata di vera politica che non guasta mai, soprattutto se l'obiettivo è Palazzo Chigi. Per governare un Paese, qualunque Paese, servono i politici e chi non lo è di professione deve 'studiare' in fretta per diventarlo. Luigi Di Maio sembra averne la stoffa e tra i 'delfini' di Beppe Grillo è probabilmente l'unico a possederla. Ha studiato per mesi da leader e candidato premier, prima di essere investito ufficialmente del ruolo attraverso una consultazione online chiaramente 'di facciata' alla quale, in fin dei conti, non ha partecipato nemmeno la metà degli iscritti certificati al Movimento 5 Stelle (sono oltre 130 mila ed i votanti che lo hanno incoronato sono stati quasi 31 mila su complessivi 37.442 che hanno espresso la propria preferenza).

La sua campagna elettorale è in atto da tempo e si muove su due strade parallele: quella delle piazze che ha scandito l'incredibile ascesa grillina di questi anni, ma anche quella della politica pura con riflessioni sulle prospettive reali, al di là dei proclami. Nel primo caso c'è probabilmente la presa di coscienza che il M5S, sebbene in lizza diventare la prima forza politica del Belpaese, difficilmente sfonderà il muro del 40 % alle Elezioni Politiche del prossimo anno. Pura utopia, Luigi Di Maio lo ha compreso o, per meglio dire, lo ha sempre saputo. Le ultime dichiarazioni rilasciate a 'Circo Massimo' di Radio Capital testimoniano un'apertura a possibili confronti post-voto.

Severamente vietato parlare di 'alleanze'

Andiamoci piano a parlare di 'apertura ad eventuali alleanze', perché ci addentriamo su un terreno pericoloso. Nemmeno un anno addietro lo stesso Di Maio dichiarava con certezza che "il M5S vincerà con il 40 %, governeremo da soli". Sono trascorsi parecchi mesi e c'è anche una nuova legge elettorale.

Con il Rosatellum, una vittoria che possa assicurare un governo stabile ai Cinque Stelle è un traguardo lontano. Se però il leader pentastellato ha compreso di non poter governare da solo, il termine 'alleanza' dalle sue parti politiche assume quasi i contorni di un crocefisso ai vecchi festival dell'Unità: pertanto è severamente vietata.

Eppure Luigi Di Maio quel terreno pericoloso ha deciso di tastarlo quando dichiara a Radio Capital che l'obiettivo resta sempre il 40 %, ma nel caso in cui non dovesse essere raggiunto "governeremo con chi ci sta". E considerato che tanto la stampa, quanto gli avversari politici hanno iniziato a parlare di 'alleanze' o 'inciuci', lo stesso Di Maio ha chiarito il significato delle sue parole a margine di un incontro con i rappresentanti della Confederazione Nazionale Artigiani della Lombardia. "Saremo noi il perno della prossima legislatura - puntualizza - ma la sera delle elezioni lanceremo il nostro appello a tutte le forze politiche per discutere insieme dei temi principali. Nessuno scambio di poltrone, nessuna coalizione o alleanza".

Obiettivo: la conquista dell'elettorato moderato

In Italia c'è una folta rappresentanza di elettori moderati, tra i quali molti indecisi. Conquistarli significa vincere le elezioni ed il leader del M5S sa fin troppo bene che non sono sufficienti i voti già sicuri degli 'indignados' italiani. C'è una fetta di elettorato che va rassicurata, dimostrando che il Movimento non è solo quello del 'Vaffa Day', ma una forza politica matura e responsabile disposta anche a sedersi con gli avversari per creare un governo stabile e, dunque, per il bene comune del Paese. I grillini sono certamente una delle poche realtà di partito, forse l'unica, in grado di confontarsi su qualsiasi tema: non hanno barriere ideologiche e la base è quanto di più eterogeneo possa esistere in Italia sotto l'aspetto politico.

Teoricamente possono sedersi con chiunque, ma anche no.

'Liberi e Uguali', partner per esclusione degli altri

Quale forza politica potrebbe aprire un tavolo di confronto con il M5S che possa portare ad un accordo di governo? Andiamoci per esclusione: certamente non Matteo Renzi ed il PD, il 'male assoluto' per i penstastellati e nessuna coalizione di centrodestra che possa prevedere in qualche modo la presenza di Silvio Berlusconi che ha ormai apertamente dichiarato guerra ai grillini. La Lega? Ipotesi alquanto improbabile se i Cinque Stelle vogliono aver presa sulla parte moderata del Paese, fermo restando che Matteo Salvini dovrebbe tagliare del tutto i ponti con Berlusconi. In fin dei conti non restano molti petali su questa virtuale margherita e, sebbene da entrambi i versanti ci si muova con molta circospezione sull'argomento, l'unico confronto post-voto possibile sembra quello con 'Liberi e Uguali'.

Naturalmente stiamo facendo i conti senza l'oste, non sappiamo ancora quale percentuale avranno i grillini alle prossime elezioni e non possiamo prevedere, al momento, la capacità di 'sfondare' alle urne della nuova 'creatura' di sinistra che ha scelto come candidato leader Pietro Grasso.

Tutte le incognite a sinistra

Sebbene tra le possibili opzioni, 'Liberi e Uguali' sembra quella più praticabile per una serie di 'affinità elettive' con il M5S, ci sono tanti nodi da sciogliere. Innanzitutto la presenza di numerosi fuoriusciti dal PD, Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema in testa che, agli occhi dei duri e puri pentastellati, sono sempre quelli che hanno dato il proprio beneplacito alla Fornero o al Jobs Act e sono 'colpevoli' in tal senso, tanto quanto gli attuali renziani.

Ma a pensarci bene, proprio i bersaniani sono forse quelli che allo stato attuale non chiudono del tutto la porta al M5S, a differenza del leader di 'Possibile', Pippo Civati, e di Sinistra Italiana. Per la sinistra più radicale, Di Maio è fin troppo a destra per aprire qualunque confronto. In tal senso, la 'cerniera' potrebbe essere rappresentata da Pietro Grasso, anche lui fuoruscito dal PD, ma certamente 'super partes' rispetto ai citati componenti di 'Liberi e Uguali': non per nulla la sua scelta come 'frontman' del nuovo movimento ha messo d'accordo tutti. L'incogita più grande però è rappresentata dai consensi elettorali che Grasso sarà in grado di catturare: alcuni sondaggi parlano di un possibile 7 %, gli inguaribili ottimisti pensano addirittura di poter andare in doppia cifra.

Ma c'è anche chi prevede un fallimento sullo stile della 'Rivoluzione Civile' di Antonio Ingroia. Se così fosse, la cerchia del 'chi ci sta' come dice Di Maio o, visto che parliamo di pure ipotesi, del 'chi ci potrebbe stare' sarebbe ridotta al lumicino.