Diventa ufficiale la rielezione di Recep Tayyip Erdogan a capo del governo di Ankara, riconfermato con il 52% dei voti. La chiamata alle urne per un voto anticipato (le elezioni erano previste per il 2019) si è rivelata una tattica politica vincente, con la Turchia che è scesa in piazza per festeggiare il risultato con striscioni e clacson. In serata, Erdogan risponde all’acclamazione dell’enorme folla radunata ad Istanbul sostenendo di aver “dato una lezione di democrazia a tutti”.

L'incremento dei poteri del presidente

Il sultano turco, a capo del paese ormai da 16 anni, governerà ancora per un’altra legislatura e questa volta con maggiori poteri. Infatti, grazie alla riforma costituzionale approvata lo scorso anno in un contestatissimo referendum, beneficerà di una forte concentrazione del potere esecutivo nelle sue mani. Avrà così poteri politici al limite della democrazia, potendo, per esempio, procedere in completa autonomia alla nomina di figure istituzionali quali rettori universitari, funzionari dello stato, giudici e componenti della corte costituzionale.

Numeri, opposizione e critiche

Nonostante la vittoria schiacciante dell’AKP sugli avversari, il partito religioso e conservatore di Erdogan non ha ottenuto il numero di seggi necessari per poter governare senza stipulare alleanze (con il consenso che cala del 7% rispetto alle precedenti elezioni), e dovrà quindi scendere a patti con Devlet Bahceli, leader del Partito del Movimento Nazionalista, non sempre entusiasta delle politiche di Erdogan. Le elezioni, con un’importante affluenza alle urne del popolo turco che arriva quasi a toccare il 90% (su un totale di circa 59 milioni di aventi diritto), pongono la coalizione all’ opposizione attorno al 34%, con il partito socialdemocatrico Chp che ha ottenuto il 22% dei voti.

Una vera novità per il paese è la rappresentanza in parlamento (circa 70 deputati) ottenuta dall’Hdp, partito filo-curdo che riesce a oltrepassare la soglia del 10% anche con il leader Selahattin Demirtas detenuto in carcere. Il candidato del Chp Muharrem Ince si attesta come principale rivale politico di Erdogan e dopo aver contestato i dati ufficiali, ha riconosciuto e accettato la sconfitta, sostenendo però che “la competizione non è stata equa”. Insospettisce anche il blocco e l’allontanamento dal paese di diversi osservatori internazionali, tra i quali un italiano e tre francesi.