Il governo Lega e M5s porta al crollo di uno dei tasselli della riforma scolastica voluta da Matteo Renzi, la “Buona Scuola. Infatti, l’accordo siglato dal ministero dell’Istruzione e dai sindacati prevede l’assegnazione dei docenti alla scuola non più tramite la scelta dei dirigenti scolastici, ma attraverso l’ufficio scolastico territoriale che procederà alla selezione in base ai titoli e al punteggio della mobilità. Va così in frantumi il sistema della “chiamata diretta” prevista dalla riforma renziana.

Le firme e il nuovo procedimento

L’accordo, sollecitato a gran voce dalla UIL scuola, ha incontrato il favore e le firme dei sindacati FLC, CGIL, CISL scuola e GILDA.

Secondo i sindacati, il cambiamento apportato da questo accordo pone fine alla chiamata diretta rendendo la selezione del personale scolastico un’operazione oggettiva e non più discrezionale. Viene così abbandonato un meccanismo di selezione rivelatosi lento e macchinoso in favore di un ritorno al passato, con il passaggio che prevede due fasi: nella prima, i posti disponibili saranno inizialmente ricoperti da chi ha ottenuto il trasferimento in base alla priorità stabilite dal contratto, come la disabilità o la “legge 104”. In seguito, i posti ancora disponibili saranno occupati dal personale rimanente, sulla base del punteggio di mobilità. Gli insegnanti potranno dichiarare le proprie preferenze nella presentazione della domanda che sarà disponibile online nell’intervallo di tempo tra il 27 giugno e il 27 luglio.

Quindi, saranno compiute le operazioni di assegnazione della sede per i professori neoassunti, sempre seguendo i criteri delle graduatorie. Nel confronto tra i vincitori di concorsi ordinari e i docenti provenienti dalle graduatorie ad esaurimento, i primi avranno la priorità. Il ministro dell’istruzione Marco Bussetti sostiene le critiche alla "Buona scuola" e l’accordo siglato dal suo ministero commentando: “dà attuazione a una precisa previsione del contratto di governo, in attesa dell’intervento legislativo di definitiva abrogazione”, come riportato su La Stampa.

La 'chiamata diretta' è ormai il passato

La chiamata diretta era uno dei punti centrali e fondamentali della riforma promossa fortemente da Renzi. Il procedimento prevedeva che gli insegnati assunti e intenzionati a trasferirsi dovessero essere assegnati ad un ambito territoriale, per poi candidarsi liberamente all'istituto che desideravano.

In questo modo, era compito del dirigente scolastico procedere alla selezione del corpo insegnanti, e ciò avveniva sulla scia delle caratteristiche, delle esperienze e del curriculum-vitae. Il meccanismo, che inizialmente era apparso come una novità positiva che avrebbe facilitato la scelta corretta e funzionale da parte dei professori, si è invece mostrato lento e complicato, e ciò è dovuto alla mole di lavoro sottesa ai dirigenti scolastici che si è rivelata impossibile da seguire.