Rimane ancora incerto l'esito del braccio di ferro tra il ministero delle Finanze e i due vicepremier, Di Maio e Salvini. In un primo momento, si erano temute le dimissioni del ministro Tria, visti i recenti scontri con i due vicepremier che chiedono di superare la linea del 2% del rapporto deficit-pil. Questa mattina è però intervenuto proprio Di Maio per fugare i dubbi. "Nessuna richiesta di dimissioni a Tria", ha affermato.

Ipotesi di dimissioni per Tria: troppi scontri con i vicepremier

Questa mattina il quotidiano "La Stampa" ha parlato della possibilità che il ministro Giovanni Tria consideri le dimissioni.

Continua infatti il braccio di ferro tra il Mef e l'esecutivo, scontro che ieri ha portato Tria a ribadire di aver "giurato nell'esclusivo interesse della Nazione" e a ricordare l'importanza dell'equilibrio dei conti pubblici. Le parole del ministro dell'Economia sono state dettate dalle continue pressioni del vicepremier Di Maio, che insiste sul fissare il rapporto deficit-pil al 2,4% nel Def che oggi deve essere presentato al Consiglio dei ministri. La proposta di Di Maio ha anche incontrato l'appoggio favorevole della Lega, poiché anche Matteo Salvini ha chiarito che "nessuno farà gesti eclatanti per uno zerovirgola, che è l'ultimo dei problemi". A far temere le dimissioni di Tria sono poi state le dure parole che, durante una diretta Facebook, Di Maio ha usato contro i tecnocrati che occupano "posti chiave dello Stato", accusandoli di essere "uomini di partito" che sono stati "messi lì dai politici di un tempo", e che vogliono "mettere bastoni tra le ruote".

Parole che sembravano essere rivolte ai tecnici del Mef.

Nella giornata di ieri era anche girata voce che la presentazione del Def avrebbe potuto slittare: anziché arrivare oggi al Consiglio dei ministri, la presentazione sarebbe stata infatti posticipata a data da destinarsi. "Qualche giorno in più non cambierà il mondo. Anzi, non cambierà proprio niente", aveva dichiarato la Lega.

La smentita di Di Maio: 'Nessuna richiesta di dimissioni'

Sono poi giunte le smentite sia delle dimissioni di Tria che di un eventuale ritardo dell'approdo del Def in Consiglio dei ministri. Per quanto riguarda il ministro dell'Economia Giovanni Tria, Di Maio ha chiarito da Bruxelles che "non c'è in programma nessuna richiesta di dimissioni".

E, per appianare i contrasti con il Mef, ha aggiunto che chiaramente "ci sarà sempre un contraddittorio con i tecnici", perché "quando c'è un cambiamento così radicale a livello politico, con un governo inedito come il nostro, una parte dell'apparato rema contro".

Anche per quanto riguarda l'arrivo del Def in Consiglio dei ministri, già nella giornata di ieri il premier Conte aveva indirettamente confermato da New York che il Cdm si sarebbe riunito oggi, smentendo ogni ipotesi di ritardo. La conferma definitiva è poi arrivata anche da Di Maio: "Il termine per il Def è oggi, quindi per quanto mi riguarda il Cdm è oggi, non ho notizie di un rinvio".

Le soluzioni possibili

Gli scontri sul rapporto deficit-Pil da indicare nel Def non sono ancora risolti, ma sarebbero trapelate alcune vie d'uscita possibili.

Il ministro Tria potrebbe fissare sin da subito la percentuale di deficit poco sopra il 2% (anche se non al 2,4% come richiesto dai vicepremier, perché porterebbe a un rifiuto del Def dall'Europa), motivando i decimali in eccesso con la spesa per investimenti. Un'altra alternativa sarebbe fissare la percentuale all'1,9%, superando così la linea dell'1,6% stabilita da Tria e che ormai sembra essere stata abbandonata. Si potrebbe poi trattare per alzare la percentuale durante l'iter parlamentare di discussione e votazione della Legge di Bilancio, anche se è un'opzione giudicata "molto ardita tecnicamente" dai collaboratori di Di Maio.