Quello appena trascorso è l'ottavo venerdì di protesta pacifica nelle strade e nelle piazze dell'Algeria. Come ha osservato Mostefa Bouchachi, noto avvocato decano della Corte Suprema nonché attivista per i diritti umani, la "rivoluzione pacifica" in atto in Algeria non è una riedizione della primavera araba del 2011, anche se le assomiglia molto, ma ha delle peculiarità che la contraddistinguono: mentre le proteste in Tunisia e in Egitto furono concentrate nelle capitali e riguardarono solo una parte della popolazione, la sollevazione popolare algerina sta interessando tutto il Paese, con un coinvolgimento che si stima intorno alle 20 milioni di persone - a parte i bambini e i malati - in piazza scendono praticamente tutti.

Studenti, docenti universitari, gente comune e gli amatissimi militari chiedono ad alta voce una nuova costituente per ridisegnare il Paese.

L'allontanamento di Bouteflika

Tutto partì dalla richiesta di allontanamento dell'anziano e ormai consunto Presidente Bouteflika il quale, dopo un ventennio al potere, si ricandidò presentandosi sulla sedia a rotelle innescando la bomba della sollevazione popolare che presto si estese e diventò un'aperta domanda di libere elezioni. In una parola, di democrazia. Gli algerini vogliono scegliere da sé chi dovrà rappresentarli senza più subire le decisioni prese dall'alto.

A raccogliere l'istanza di libertà del popolo algerino e a farsene portavoce è il capo delle forze armate, il generale Gaid Salah.

Nonostante qualche ambiguità (insiste per condurre il popolo alle elezioni del 4 luglio glissando sulla necessità di ridisegnare la carta costituzionale), assume i toni del difensore della democrazia citando l'articolo 7 della Costituzione che parla di sovranità popolare. Sarà l'ennesimo escamotage per far sì che, al di là dei proclami e delle parole d'ordine, nulla cambi?

Al momento, si può ben sperare che tale protesta non abbia risvolti drammatici come accadde nei paesi coinvolti dalla primavera araba, che videro il rovesciamento dei vari regimi e lo scivolamento progressivo verso la repressione delle istanze di libertà e l'apertura di credito ai movimenti integralisti islamici, sempre pronti a raccogliere l'eredità delle rivoluzioni, pacifiche e non.

Il sigillo francese

L'Algeria, a metà fra il mondo musulmano e quello occidentale per il sigillo francese che l'ha resa inedita e aperta, è fiera di questa protesta pacifica e laica. Se nelle bancarelle dei paesi arabi di solito sono numerose le copie del Mein Kampf, ad Algeri si trovano i testi di Camus, Fenon, Sartre, ossia i caposaldi del pensiero occidentale.

Per farsi un'idea dell'umore che serpeggia fra i manifestanti, basta chiedere loro semplicemente perché stiano protestando: senza alcuna connotazione Politica particolare, senza riferimenti alla religione, rispondono laicamente per eleggere un'assemblea costituente che ridisegni l'aspetto istituzionale del Paese per poi avere, finalmente, libere elezioni. Con buona pace di Allah e dei guerrafondai.