Ormai si trovano in tutte le città, quasi ad ogni angolo e vendono di tutto, sono i cosiddetti bangla market. Negozi gestiti da stranieri, spesso dal Bangladesh come si nota subito dal nome che nel linguaggio comune vengono chiamati questi negozi. Durante la trasmissione Mediaset condotta da Paolo Del Debbio la discussione in studio e diversi servizi hanno riportato in auge questo autentico fenomeno che per qualcuno è concorrenza sleale ai negozi italiani. Nella discussione oltre ai market sono entrati anche i ristoranti che a prezzi bassissimi consentono agli italiani di mangiare cucina esotica.
Ma è tutto regolare dal punto di vista fiscale, della sicurezza dei prodotti, delle norma igienico sanitarie e delle regole che in Italia esistono su queste tipologie di commercio al dettaglio o del food and beverage? Su Facebook tramite la sua pagina ufficiale la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni ha utilizzato un estratto della trasmissione di Del Debbio per riportare all’attenzione dell’opinione pubblica queste problematiche che accompagnano questi negozi e ristoranti, spingendosi a proporre soluzioni per evitare la discriminazione a cui i commercianti italiani in regola sono soggetti rispetto a questa concorrenza sleale dove tutto sembra possa essere impunemente fatto.
Dal deposito cauzionale all’inasprimento dei controlli le soluzioni della Meloni
Il servizio inizia con immagini che dimostrano la capillarità di piccoli negozietti etnici presenti nelle città. A Roma sono diffusissimi in ogni strada, via, quartiere e quasi in ogni angolo. Negozi aperti 24 ore su 24, che vendono di tutto anche quando non potrebbero, che importano merce che non potrebbe essere venduta in Italia o che quantomeno, dovrebbe essere trasportata, conservata e custodita in maniera consona alle normative igienico sanitarie più elementari.
Nel servizio si vedono pesci (carpe di dimensioni importanti) che vengono vendute ad un prezzo nettamente inferiore a quello di mercato (3,50 euro al chilo). Un furgone che andava a rifornire un negozio a Roma, fermato dalle Forze dell’Ordine aveva al suo interno, insieme a detersivi, sacchi enormi pieni di riso sfuso con diversi insetti al suo interno.
Pesce congelato pescato in fiumi di Hanoi, in Vietnam o in fiumi del Bangladesh o pollo congelato sempre proveniente dal Sud Est Asiatico.
Congelato e trasportato in un normalissimo furgone per trasporto di merce comune, non un furgone frigo. Merci che mettono a serio rischio la salute delle persone che comunque lo comprano proprio allettati dal prezzo nettamente concorrenziale. Il commento al post inserito dalla leader di Fratelli d’Italia sottintende che ci siano condizioni fiscali differenti tra negozi italiani e negozi etnici che permettono a questi ultimi di vendere sotto costo prodotti che se comperati in negozi italiani regolari, costerebbero molto di più. L’importazione clandestina il più delle volte agevola questo tipo di concorrenza permettendo prezzi nettamente più bassi di vendita al pubblico.
Ecco perché la Meloni spinge chiedendo al governo di inserire norme a tutela delle attività commerciali nostrane che pagano le Tasse. Basterebbe aumentare i controlli delle Forze dell’Ordine in questi negozi o prevedere un deposito cauzionale da 30.000 euro all’atto dell’apertura del negozio etnico. Un deposito cauzionale dal quale lo Stato potrebbe andare a prelevare le tasse eventualmente evase dallo straniero titolare del negozio.
Zero scontrini
Nel servizio un inviato della trasmissione Mediaset si è spinto ad acquistare alcolici dopo le 10 di sera nonostante il divieto vigente a Roma. Alcolici che sono stati acquistati in tre diversi market fuori orario, con il titolare che chiedeva all’acquirente di celare la bottiglia di birra nello zaino e senza emettere scontrino fiscale.
Antonio Di Maggio, Capo della Polizia Locale di Roma nel servizio ha messo in luce anche l’impossibilità che le Forze dell’ordine hanno di perseguire per davvero queste attività. Intervenire con controlli serrati può essere fatto, solo che secondo Di Maggio, spesso i titolari sono prestanomi dei veri proprietari dei negozi. Alla denuncia di un soggetto, in pochi giorni il bangla market viene riaperto da un altro soggetto alla stessa maniera. Un'altra problematica è quella dei lavoratori dei negozi. Sempre nel servizio per esempio si nota un retro bottega con un materasso per terra, sinonimo di un negozio dove c’è qualcuno che oltre a lavorare dorme pure in loco. Un addetto agli scaffali intervistato dal giornalista del servizio dichiara di non lavorare nel negozio anche se colto in flagrante, spiegando che per un ora al giorno va a dare una mano al titolare. Non emettere scontrini, risparmiare sul costo dei dipendenti è un vantaggio che spesso i negozi italiani non si permettono.