Donald Trump si è mostrato piccato del rifiuto del premier danese di discutere di un eventuale acquisto della Groenlandia da parte degli Stati Uniti. "Non è stato carino rifiutare così... avrebbe potuto semplicemente dire di no" recita un tweet del presidente Usa. "Non sta parlando con me – ha proseguito Trump, riferendosi a Mette Frederiksen - ma con gli Stati Uniti d'America".

Di fronte alla sorprendente richiesta dell’inquilino della Casa Bianca, la Frederiksen ha così dichiarato "La Groenlandia non è in vendita. La Groenlandia non è danese. La Groenlandia appartiene alla Groenlandia". Analogo sconcerto è stato dimostrato dalla casa reale danese, secondo il suo portavoce. Per tutta risposta, Trump ha rimandato a data da destinarsi la visita ufficiale in Danimarca, già programmata da tempo.

Sulla Groenlandia, Trump ha sbagliato tempi e modi

La Groenlandia si estende su circa 2 mil.ni di kmq quasi interamente ricoperta di ghiacci. E’ popolata da soli 56.000 abitanti, per il 90% di etnia Inuit (eschimese).

La richiesta di Donald Trump, non formalizzata per vie diplomatiche, ha dato la sensazione di un ritorno al colonialismo d’altri tempi. Fu nel lontano 1867, infatti, che gli Stati Uniti acquistarono l’Alaska dalla Russia zarista. L’odierno approccio del “tycoon” è sembrato analogo.

Se vogliamo trovare un esempio meno antidiluviano, dobbiamo risalire al 1917. Fu in quell’anno, infatti, che Washington acquistò le Isole Vergini, proprio dalla Danimarca. Anche in tal caso stiamo parlando di 102 anni fa, con due guerre mondiali di mezzo e la fine del colonialismo. Per non parlare dell’intercorsa nascita e fine di fascismo, nazismo e comunismo. Va detto, peraltro, che gli Usa avevano già presentato una richiesta simile nel 1947 (72 anni fa) ma anche allora era stata rifiutata dal governo danese.

Oggi la Groenlandia è sostanzialmente un paese indipendente, anche se, per quanto riguarda la Politica estera e la difesa, fa ancora riferimento a Copenhagen. Formalmente, infatti, insieme alle isole Fær Øer, è uno “Stato associato” alla Danimarca. Questo recita l’atto approvato dal parlamento danese nel 2009, che ha dato il via anche all’uscita dell’isola dalla Ue. Ciò fa comprendere meglio l’irritualità nei tempi e nei modi della richiesta del presidente degli Stati Uniti.

I motivi per cui gli Usa vogliono impossessarsi della Groenlandia

In Groenlandia, il governo locale è guidato da Kim Kielsen, convinto che il progresso economico possa risolvere i problemi sociali della popolazione locale permettendo loro di vivere un’esistenza dignitosa.

A patto, chiaramente, di conservare la lingua e la cultura indigena.

Ha, perciò, aperto il paese all’estrazione mineraria e petrolifera. Attualmente, in Groenlandia, un consorzio cino-australiano estrae uranio e terre rare. Quindi, nel 2017, si è recato a Pechino per offrire al gigante asiatico la concessione per una gigantesca miniera di ferro a cielo aperto e l’estrazione di gas e petrolio. Inoltre, ha proposto alla Cina la costruzione di tre moderni aeroporti sull’isola. Non ha ottenuto né l’uno né gli altri.

Il governo danese, tuttavia, onde evitare ulteriori contatti, ha accordato a Kielsen dei prestiti finalizzati ad investimenti a tasso assolutamente agevolato. Questo, già a partire dal 2018.

Ciò non toglie che, negli ambienti Nato, si è scatenata una tempesta di panico di veder un giorno decollare aerei militari cinesi da aeroporti del nord-atlantico. Di qui, l’approccio trumpiano alla risoluzione del problema con la sua proposta di stampo colonialista.

Gli interessi militari Usa in Groenlandia

In proposito, gli Stati Uniti sono già presenti militarmente in Groenlandia con la base missilistica di Thule, avamposto del suo sistema di difesa contro gli attacchi balistici intercontinentali. Inoltre, l’isola è un osservatorio privilegiato per sorvegliare l’eventuale accesso nell’Atlantico del naviglio russo. Lo scioglimento dei ghiacci, dovuto al cambiamento climatico, ancorché negato da Trump, potrebbe agevolare, in futuro, la flotta moscovita.

Fatto sta che, anche se il viaggio del presidente Usa a Copenhagen è stato solo rimandato, a tagliar corto è stato proprio il primo ministro groenlandese. Kim Kielsen, infatti, ha dichiarato di non aver alcuna intenzione di modificare l’attuale assetto costituzionale dell’isola per diventare il cinquantunesimo Stato degli Usa, neanche a pagamento. Forse Trump oltre alle modalità di approccio, ha sbagliato anche interlocutore.