Nel corso della sua visita ad Accumoli, comune colpito dal duro terremoto del 2016, il premier Giuseppe Conte ha ricevuto anche alcune contestazioni da parte delle persone del posto. In uno striscione dell'associazione Area Rieti si legge "Venduto per una poltrona". Rabbia e sfiducia emerge anche dalle parole dei cittadini del posto intervistati dal Fatto Quotidiano.
La contestazione a Conte
Non sono mancate le contestazioni in occasione della visita di Giuseppe Conte ad Accumoli: il premier, presente per la terza volta nel comune colpito dal violento terremoto del 2016.
è stato contestato con uno striscione da parte di Area Rieti, associazione politico culturale, diretta da Chicco Costini. I militanti dell'associazione, con un piccolo blitz, hanno voluto esprimere il proprio dissenso verso Conte, recandosi ad Accumoli con lo striscione recante la scritta "Venduto per una poltrona".
La stessa associazione era scesa in piazza lo scorso lunedì a Roma, in piazza Montecitorio, per protestare contro la formazione del nuovo governo Conte Bis. Nonostante le critiche però Conte afferma di essere ad Accumoli per "prospettare soluzioni concrete", e non per fare una "passerella".
A suo avviso bisogna intervenire per superare le criticità e i ritardi e le lentezze sono dovuto alle domande di ricostruzioni private, che procedono in maniera molto lenta, a causa di una serie di procedure d'ufficio piuttosto complesse.
Avvisa che non ci saranno più proroghe, e sottolinea inoltre come deve esserci un modello di organizzazione per la ricostruzione che valga sempre, e che non sia specifico per ogni emergenza.
La rabbia della gente del posto
Tra la gente del posto invece c'è rabbia e anche sfiducia, e la visita di Conte non viene accolta nel migliore dei modi.
Al Fatto Quotidiano alcuni cittadini raccontano le loro aspettative: Ida si aspetta "che ci ricostruiscano le case, che facciano qualcosa", anche un decreto apposito per i comuni colpiti, così come è stato fatto nella città di Genova. Un altro cittadino, Pietro, si sente sfiduciato e sostiene che è stato fatto molto, "ma meno di quello che serviva", come le casette, che, a suo avviso, potevano essere fatte in modo migliore.
Pietro come Ida occupa una delle Sae, moduli abitativi costruiti dopo il terremoto, e aggiunge che ci sono sul posto case storiche sulle quali ancora non si è intervenuti con la messa in opera dei lavori di demolizione. Un altro sfollato, Mario, si sente scoraggiato e ammette di sentirsi “agli arresti domiciliari" e aggiunge che quando piove non si può fare nulla, si può solamente restare chiusi dentro casa ventiquattr'ore su ventiquattro.