Maria Rita Gismondo torna su Il Fatto Quotidiano con la sua rubrica Antivirus. La direttrice della Microbiologia del Sacco di Milano ha riassunto la situazione relativa al vaccino che potrebbe arrivare contro il coronavirus. Una prospettiva agognata da molti, ma che, al momento, secondo il punto di vista espresso dalla virologa, non ha esito scontato. Almeno a giudicare dalle sperimentazioni. Nel suo articolo ha, inoltre, manifestato una certa perplessità rispetto al fatto che tanti paesi, tra cui l'Italia, si sono già affannati a prenotare grandi quantità del vaccino senza che le varie sperimentazioni fossero concluse.

Maria Rita Gismondo evidenzia ancora i lati oscuri del coronavirus

Quello che si evince dall'opinione espressa dalla virologa è che da una parte la strada per il vaccino sembra essere in salita, dall'altra che l'umanità potrebbe sbarazzarsi della paura da coronavirus prima che questo arrivi sul mercato. A suo avviso il virus sparirà prima che se ne conosca l'intero volto. Al momento, infatti, la scienza non è ancora arrivata a conoscerlo in ogni suo effetto. Cita, ad esempio, le parole del genetista Kari Stefansson secondo cui le differenze nei risultati clinici avrebbero evidenze drammatiche. Queste, in molti casi, dipenderebbero da fattori genetici e, al momento, l'unica parziale spiegazione è stata rintracciata dall'individuazione di qualche differenza nei sintomi determinata dai gruppi sanguigni.

Coronavirus: dubbi sulle scelte dei vari Paesi

Oggi, però, la vera sfida è capire in che modo si può ottenere l'immuntà e quale sia la sua durata. Ed è da questa scoperta che potrebbe dipendere la strada migliore per arrivare a un vaccino sicuramente efficace. Molti scienziati negli ultimi mesi hanno manifestato ottimismo rispetto alla possibilità che nel 2021 possa esserci uno strumento utile ai fini dell'immunizzazione della popolazione.

La Gismondo preferisce andare più cauta. "Un dilemma - scrive - è se mai un vaccino dei 200 in sperimentazione funzionerà. Gli esperimenti hanno dimostrato di essere capaci di bloccare il virus a livello polmonare, ma non in altri siti". Segnala, ad esempio, come le scimmie riceventi il vaccino elaborato dall'Università abbiano avuto risposte all'esposizione al virus paragonabili a quelle degli animali non vaccinati in quanto a materiale genetico presente nei loro nasi.

La virologa in conclusione fa riferimento ad alcune scelte dei governi a livello internazionale. "Il fatto che non riusciamo a spiegarci è -scrive - come mai a sperimentazione non conclusa alcuni paesi, tra i quali Usa, Uk e Italia, abbiano scelto e prenotato grandi quantità di dosi".