La decisione della giustizia italiana di scarcerare e rimpatriare il generale libico Najem Osama Almasri, nonostante un mandato d'arresto nei suoi confronti da parte della Corte penale internazionale, continua a far discutere. Intanto, in occasione del suo viaggio a Gedda, in Arabia Saudita, la premier Giorgia Meloni ha preso la parola su questa vicenda.
Come spiegato dalla presidente del Consiglio ai cronisti, la scarcerazione di Almasri è avvenuta "su disposizione della Corte d'appello di Roma, non del governo".
L'intervento di Meloni sul caso Almasri
Secondo quanto spiegato dalla presidente del Consiglio, il governo non ha avuto nessun ruolo nella decisione della scarcerazione di Almasri, ma avrebbe infatti solamente provveduto alla sua espulsione. Per quanto riguarda il ricorso all'aereo della presidenza per il ritorno del generale in Libia, Meloni ha affermato che si tratta di una prassi consolidata nei casi di "detenuti da rimpatriare considerati pericolosi", per i quali non vengono usati i voli di linea per una questione di sicurezza.
La presidente del Consiglio ha assicurato che verranno forniti chiarimenti sull'accaduto alla Corte penale internazionale, aggiungendo che anche il governo italiano chiederà spiegazioni al tribunale, che avrebbe impiegato mesi "a spiccare questo mandato di arresto, quando Almasri aveva attraversato almeno tre paesi europei".
Caso Almasri, una ricostruzione: dal mandato d'arresto al rimpatrio
Lo scorso 18 gennaio la Corte penale internazionale aveva disposto un mandato d'arresto per il generale libico Najem Osama, conosciuto come Almasri (soprannome che tradotto significa "l'egiziano"). L'uomo è accusato di crimini contro l'umanità e crimini di guerra.
A partire dal 2015, infatti, sarebbe stato il responsabile del coordinamento e dell'esecuzione di omicidi, torture e violenze sessuali nelle carceri di Tripoli, in Libia. A capo della polizia giudiziaria, Najem Osama è il responsabile del centro di detenzione di Mitiga. Il generale in Libia opera sotto la supervisione della magistratura e del procuratore generale nazionale Sadiq Al-Sur, inoltre fa parte dell'Apparato di deterrenza per il contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata (Rada).
Il mandato d'arresto della Corte penale internazionale è stato emesso dopo che Almasri ha preso un'auto in affitto in Germania richiedendo di poterla restituire a Fiumicino. La sua cattura è avvenuta il giorno seguente: l'uomo è stato localizzato a Torino e la Digos lo ha arrestato e condotto nel carcere di Vallette. Qui Najem Osama ha passato due notti, prima di essere espulso in Libia.
Dietro alla disposizione ci sarebbe un cavillo giudiziario. Gli atti dell'arresto sono stati inviati alla Corte d'appello di Roma, che si occupa della cooperazione tra l'Italia e la CPI. La normativa prevede che, prima di procedere con l'arresto, ci sia un'interlocuzione tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio e la Procura generale della Corte d'appello di Roma.
Per poter incarcerare Almasri sarebbe stata quindi necessaria l'autorizzazione del ministro Nordio. A quest'ultimo doveva pervenire una richiesta ufficiale da parte dei magistrati della Corte penale internazionale. Tuttavia, ciò non è accaduto. Quando il procuratore generale si è rivolto a Nordio per avere chiarimenti su come procedere, non ha ricevuto alcuna risposta. Di conseguenza, i magistrati non hanno potuto portare a termine l'arresto del generale secondo le procedure.
In assenza dei presupposti per convalidare la carcerazione di Almasri, quest'ultimo è stato rilasciato. Il generale è quindi tornato in Libia la sera di martedì 21 gennaio a bordo dell'aereo della presidenza del Consiglio, decollato da Torino.