È fuori ogni discussione che i progressi compiuti negli ultimi decenni in campo farmaceutico sono stati fatti grazie anche agli studi sugli animali. Nessuno discute questo aspetto. Ma allora di cosa si discute? Oggi si dibatte se, con tutte le tecniche attualmente disponibili, sia ancora necessario sacrificare la vita degli animali da laboratorio per studiare nuove molecole prima di proporre sul mercato nuovi farmaci.

L’articolo su La Repubblica, a firma della senatrice Elena Cattaneo

La Prof.ssa Elena Cattaneo, classe 1962, farmacista e farmacologa, con alle spalle anni di esperienza negli Stati Uniti a studiare le cellule staminali cerebrali, dal 2013 senatrice a vita ma sempre con la passione per la ricerca, ha pubblicato un articolo molto puntuale sullo stato dell’arte della sperimentazione sugli animali dei nuovi farmaci.

Ha riepilogato tutti i successi compiuti in campo farmaceutico e farmacologico in oltre un secolo di ricerche, grazie soprattutto alla sperimentazione sugli animali. E ha concluso che, ancora oggi se vogliamo nuovi vaccini o farmaci che possono curare i mali che affliggono l’umanità, come i tumori, l’Alzheimer, e altre malattie neurologiche, ma anche l’AIDS, l’Ebola, o contro la minaccia del virus Zika di quest’anno, non possiamo fare a meno della sperimentare animale. Che non è vivisezione.

Ma, volendo venire incontro ad una sensibilità crescente nella popolazione verso il benessere animale, allora basta indicare sull’etichetta di tutti i farmaci, se sono stati prima sperimentati sugli animali in modo da poter mettere i pazienti in condizione di scegliere se prendere quel determinato farmaco o meno.

La reazione degli animalisti

Non si è fatta attendere la reazione degli animalisti che hanno immediatamente contestato quanto pubblicato dalla Sen. Cattaneo, dicendo che già sono disponibili numerose tecniche tali che potrebbero risparmiare la vita a tantissimi animali sacrificati, a volte, anche inutilmente perché gli studi non sono predittivi, perché comunque è sempre necessario fare una successiva sperimentazione sui volontari/pazienti dove oltre il 90% dei candidati farmaci cade e non arriva sul mercato, che a volte si ottengono maggiori informazioni studiando i cadaveri, che a volte vengono sacrificati animali al solo scopo della didattica agli studenti.

Per gli addetti ai lavori, come può essere chi vi scrive, la risposta è semplice: nessuno si diverte a sacrificare gli animali se ha a disposizioni alternative al modello animale. Purtroppo, nonostante gli enormi passi avanti compiuti in alcuni ambiti della sperimentazione, come l’interazione su specifici bersagli terapeutici o nel metabolismo, ancora oggi non è possibile evitare la sperimentazione animale.

E gli stessi Enti regolatori, come l’americana FDA, l’europea EMA o l’italiana AFI, non approvano nuovi farmaci se prima non hanno superato una serie di prove sui modelli animali. E questo perché ancora non disponiamo di tecniche alternative che riescono a riprodurre la complessità di un organismo complesso.