Al meeting dell’American Association for the Advancement of Science (AAAS) di Washington, sono stati presentati i risultati di uno studio del San Raffaele di Milano. Un approccio terapeutico definito immuno-cellulare utile sia per curare il tumore che come profilassi, impedendo le forme recidivante, una specie di vaccino insomma.
Immunoterapia cellulare
Le cellule del sistema immunitario, normalmente preposte alla difesa dell’organismo dall’attacco di agenti esterni, possono essere modificate in laboratorio in modo da riconoscere le cellule tumorali e colpirle selettivamente, come farebbero con un qualsiasi elemento estraneo. “Ora ci siamo riusciti”, dichiara con orgoglio Chiara Bonini, vicedirettore della Divisione di immunologia, trapianti e malattie infettive del San Raffaele.
“I risultati clinici fin qui ottenuti fan ben sperare in un rapido sviluppo di farmaci biotecnologici in grado di ridurre le recidive tumorali”.
Queste conclusioni si basano sull’osservazione di 10 pazienti affetti da leucemia acuta. Nel 2000 avevano subito un trapianto di midollo osseo e di linfociti T, da donatore familiare compatibile. I linfociti T erano stati modificati geneticamente con un gene “suicida” TK (terapia genica), al fine di poter gestire eventuali complicanze post-trapianto. A sorpresa, dopo 14 anni è stato osservato che i parametri immunologici di questi pazienti erano paragonabile a quelli di persone sane coetanee.
Sono state quindi identificate le cellule del sistema immunitario risultate stabili nel tempo. Erano le “memory stem T cells”, ovvero cellule staminali della memoria immunologica.
Approccio razionale e prospettive
“Occorre utilizzare cellule resistenti”, dice Chiara Bonini, e continua: “i linfociti T riconoscono un antigene specifico su un’altra cellula, virus o qualsiasi altro agente patogeno. Esistono anche linfociti T che riconoscono le cellule tumorali, ma sono molto rari. Il razionale di questa terapia è somministrare al paziente un numero elevato di linfociti T anticancro, costruiti in laboratorio”. Validato il razionale, per arrivare ad una terapia efficace, si possono seguire due strade: armare il linfociti T con recettori Car, presenti solo sulla struttura esterna delle cellule tumorali, o con recettori Tcr, presenti all’esterno dei linfociti ma in grado di colpire anche gli antigeni presenti dentro la cellula bersaglio.
Al San Raffaele stanno seguendo questa seconda via, prima eliminando i Tcr presenti sui linfociti, e poi sostituendoli con “Tcr anticancro” che riconoscono selettivamente le cellule da distruggere. Data la loro stabilità, in questo modo si assicura una protezione da recidive di almeno dieci anni. Sempre all’AAAS di Washington, ricercatori americani del Cancer Research Centre di Seattle, hanno presentato i risultati ottenuti seguendo il primo approccio, con i recettori Car. In pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta, che lascia pochi mesi di vita, con questa terapia, nel 94% dei casi, hanno avuto la scomparsa dei sintomi.