I neuroscienziati dell'MIT di Boston, guidati dal premio Nobel Susumu Tonegawa, hanno dimostrato che nel topo affetto da Alzheimer le memorie di esperienze recentisi formano normalmente, ma la malattia colpisce la possibilità di richiamarle. Lo studio, che ha sfruttato la più moderna delletecniche di indagine neuroscientifica, ovvero l'optogenetica, è stato pubblicato su Nature.

Optogenetica ed engrammi

L'optogeneticaè una tecnica di indagine, messa a punto da Karl Deisserothdell'Università di Stanford, che si fonda sulla manipolazione genetica e sui principi della fisica ottica.

Essa consente di selezionare alcuni neuroni del cervello, munire la loro membrana di recettoriproteici per la luce derivati da alghe e batteri fotosensibili, e spegnerli o accenderli in maniera riproducibile e precisa utilizzando fasci di luce LED di diverso colore.

Le esperienze si trasformano in ricordi se riescono a lasciare traccia di sé nei circuiti nervosi dell'ippocampo, una porzione di corteccia cerebrale essenziale per generare e conservare le memorie di un individuo. Per decenni i neuroscienziati si sono sforzati di catturare tali tracce, chiamate engrammi, allo scopo di modificarle, di cancellarle o recuperarle. Questa possibilità è stata realizzata proprio grazie all'optogenetica,almeno negli animali da laboratorio.

Qualche anno fa, il gruppo di ricerca del professorSusumu Tonegawa è riuscito, tramite l'optogenetica,a identificare gliengrammicorrispondenti a ricordi positivi nell'ippocampo, a riattivarli e a ridurre i comportamenti causati da una forma didepressioneriprodotta nei topi.

Rintracciare le memorie nell'Alzheimer

"Uno dei sintomi più precoci del morbo di Alzheimer è l'incapacità di ricordare esperienze recenti" commenta Susumu Tonegawa nell'introduzione del suo elegante e rigoroso lavoro di ricerca "noi abbiamo applicato l'optogeneticain una popolazione di topi manipolati geneticamente per esprimere una forma precoce di Alzheimer.

Abbiamo osservato che l'ippocampo di questi topi è in grado di generare nuoviengrammie, dunque, nuovi ricordi basati su esperienze appena vissute, come l'ingresso in un ambiente ostile o pericoloso". Tuttavia, se confrontati con topi sani, i topi affetti da Alzheimer precoce non sono in grado di riattivare quegli engrammi perché sono interrotte le comunicazioni tra l'ippocampo, che li contiene, e il resto del cervello, che li può attivare in maniera selettiva.

"Riattivando tali connessioni" commenta ancora il professor Tonegawa "abbiamo permesso ai topi di poter attingere di nuovo al bagaglio di memoria acquisito".

"Attualmente, l'optogenetica non è applicabile nell'uomo" conclude Susumu Tonegawa "però, i nostri risultati mostranoun meccanismo fondamentale di malfunzionamento dei circuiti nervosi nel morbo di Alzheimer e potrebbero suggerire futuriapprocci terapeutici da attuare nei pazienti che ne sono affetti".