Che il fenomeno della resistenza agli antibiotici stesse raggiungendo livelli preoccupanti, questo lo si sapeva già da diversi anni. Così come si sapeva dell’uso, spesso sconsiderato, degli antibiotici negli allevamenti. Come anche lo scarso interesse delle aziende farmaceutiche ad investire in programmi di ricerca per nuovi antibiotici. Ma il rapporto, pubblicato questo giorni, sul monitoraggio della resistenza batterica, commissionato dal Governo britannico alle autorità sanitarie inglesi, e curato dall’economista Lord Jim O’Neill, membro del Tesoro nel Regno Unito, arriva a delle conclusioni che destano non poche preoccupazioni.
Si parla di una imminente "apocalisse farmacologica", se non ci saranno interventi drastici.
L’antibiotico-resistenza
Per comprendere questo fenomeno, senza scomodare Charles Darwin sull’evoluzione della specie in chiave microbiologica, possiamo immaginare di avere una comunità intollerante ad un alimento, con solo pochi individui tolleranti. Se questa comunità venisse massicciamente alimentata con l’alimento incriminato, sopravvivrebbero solo gli individui tolleranti. E questi farebbero molta fatica a cavarsela da soli e probabilmente si estinguerebbero.
Se invece alla stessa comunità venisse dato questo alimento, in piccole dose, per lunghi periodi, probabilmente anche gli individui intolleranti riuscirebbero a sopravvivere e tutti insieme ad andare avanti.
Ora immaginiamo che gli individui siano i batteri e che l’alimento pericoloso siano gli antibiotici, ecco spiegato il fenomeno. Se questi vengono prescritti correttamente e presi per quanto (tempo) prescritto, metteremmo i batteri nella condizione di estinguersi. Diversamente, questi si adattano e continuano a proliferare, nonostante gli antibiotici.
Non prendiamo antibiotici tutti i giorni ma, probabilmente, quantità minime li ingeriamo mangiando carne, pesce e alimenti vari. Inoltre, in presenza di un malessere, seppure minimo ma associato ad un po’ di febbre, imploriamo il nostro medico a prescrivere, per noi o ai nostri figli, qualche antibiotico per ristabilirsi rapidamente. Il problema è tutto qui!
Gli antibiotici, un arma spuntata
Già oggi, in Europa e negli Stati Uniti, 50mila persone perdono la vita a causa di infezioni batteriche, fino a pochi anni fa curate con una semplice terapia antibiotica. Ci sono infezioni, come la tubercolosi e la gonorrea, che ormai sono diventate pericolose come nell’era pre-antibiotica a causa dell’antibiotico-resistenza.
Il fenomeno sta aumentando in modo esponenziale. In assenza di interventi adeguati ed immediati, entro il 2050 le infezioni potrebbero causare più morte del cancro, con cifre stimate nell’ordine dei 10 milioni di vittime. “Sarebbe un ritorno al medioevo” ha dichiarato il primo ministro inglese, David Cameron.
Uno studio pubblicato su JAMA, condotto da un gruppo di ricercatori americani del Centers for Disease Control and Prevention, arriva alle stesse conclusioni del rapporto inglese.
L’amministrazione a guida Barack Obama, ha emanato una serie di provvedimenti per contrastare il fenomeno, con l’obiettivo di ridurre, entro il 2020, del 50% le prescrizioni inappropriate di antibiotici. E contrastare così la diffusione dei “super-bug”.
Possibili soluzioni
La prima azione è che i pazienti imparino a fare un uso appropriato di questi potenti farmaci, senza pretenderli quando non è necessario e prenderli, invece, per quanto (tempo) prescritto anche se i sintomi sono passati. I medici, dal canto loro, devono limitarsi a prescrivere antibiotici solo dopo essersi accertati che l’infezione, per cui li prescrivono, è causata da batteri sensibili a quel determinato antibiotico.
Terzo punto, gli allevatori dovrebbero essere scoraggiati ad usare antibiotici negli allevamenti. Ultimo punto, la ricerca. Questa deve essere fortemente incentivata per arrivare a scoprire nuove armi farmacologiche per sconfiggere i batteri resistenti, di oggi e di domani. Unica soluzione se non vogliamo tornare al medioevo.