Per comprendere questo fenomeno immaginate di mettere in una vasca tanti animali e aggiungete dell’acqua. Se di acqua ne mettete poca, saranno tante le specie che riusciranno a sopravvivere. Se l’acqua è tanta, riusciranno a resistere solo gli animali acquatici. Ora immaginate che gli antibiotici sono l’acqua, se si usano con moderazione, le varie specie batteriche sopravvivranno in una forma di bio-equilibrio. Se invece se ne fa un uso smoderato allora si salveranno solo i batteri resistenti. Continuando per anni, alla fine in giro ci saranno solo batteri resistenti.

A quel punto una banale infezione può diventare letale.

L’Italia maglia nera in Europa

Il nostro Paese si colloca al primo posto nella resistenza verso quasi tutti gli antibiotici. Ci sono già pazienti refrattari a tutti gli antibiotici disponibili. Questo li pone in una condizione di grande vulnerabilità di fronte a qualsiasi infezione, anche banale.

Ogni anno, in Europa, si registrano 4 milioni di infezioni antibiotico-resistente con circa 37 mila decessi. In Italia il problema è soprattutto negli ospedali dove, nello stesso periodo,i decessi oscillano tra i 4.500 e i 7.000 (7-10% dei pazienti ricoverati). Con le polmoniti (24%) e le infezioni del tratto urinario (21%) le forme più comuni.

Ma come mai si è attivato questo fenomeno, visto che molte persone di antibiotici ne prenderanno pochi e raramente nella loro vita?

In realtà la fonte principale degli antibiotici ingeriti è quella alimentare: ormai negli allevamenti, per aumentare la produzione di carni e suoi derivati (latte, uova), si fa un uso eccessivo di antibiotici. Risultato, ogni giorno mettiamo a tavola alimenti, come carne o pesce, trattati con quantità industriale di antibiotici.

E quindi ricchi di batteri già selezionati e resistenti.

Allora che fare?

In attesa che la ricerca riesca a sviluppare nuovi antibiotici, l’unica strategia che possiamo adottare, da subito, è ridurre drasticamente l’uso degli antibiotici limitandoli, in casa ma soprattutto negli ospedali, ai casi veramente necessari. Auspicabilmente, andrebbero vietati in tutti gli allevamenti animali (di carne e pesce), se usati a scopo preventivo.

Questo potrebbe limitare significativamente lo sviluppo di nuove resistenze.

Questa è una priorità dell’agenda europea per la sicurezza alimentare, annunciato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare(EFSA).

In Europa, i batteri che hanno sviluppato un’ampia resistenza e che quindi destano la maggior preoccupazione sono il Campylobacter, resistenti ai fluorochinoloni (ciprofloxacina), le Salmonelle resistenti verso varie classe di antibiotici e l’Escherichia coli.

Nell’attesa, meglio prestare la massima attenzione all’igiene, evitando cibi crudi. La carne deve essere cotta: un trattamento termico (bollitura, cottura, frittura, pastorizzazione) di almeno 70°C per non meno di 2 minuti, è sufficiente a distruggere quasi tutti questi batteri.