Negli ultimi 50 anni sono state sviluppate diverse tecniche di screening prenatale, dalla semplice ecografia a tecniche invasive, cioè che richiedono il prelievo di campioni biologici, come l’amniocentesi (prelievo liquido amniotico), la villocentesi (prelievo del trofoblasto), la cordocentesi (prelievo di sangue fetale). A partire dagli anni ’90, si sono imposte tecniche non invasive, per il nascituro, che prevedono un semplice prelievo di sangue materno. Si parla genericamente di NIPT (Non Invasive Prenatal Test). Inizialmente si dosava l’alfa fetoproteina (AFP), poi arrivò il triplo-test (o tri-test), basato sul dosaggio dell’AFP, della gonadotropina corionica e dell’estriolo non coniugato.
E ancora, il bi-test, dosando nel sangue materno la beta-gonadotropina corionica ed una glicoproteina ad elevato peso molecolare, la PAPP-A (Pregnancy Associated Plasma Protein A). Negli ultimi 10 anni è arriva l’analisi del DNA libero, di origine fetale, presente in tracce nel sangue materno.
Sapere subito ma in sicurezza
Il desiderio di conoscere le condizioni di salute del nascituro sono sempre più pressanti, sia perché le gravidanze arrivano in età sempre più avanzata (mamme over 35-40) sia perché le tecniche di screening hanno fatto enormi passi avanti su affidabilità e sicurezza, grazie a tecniche di sequenziamento Ngs (Next generation sequencing).
Infatti, al desiderio di uno screening prenatale si contrappone il rischio per la Gravidanza stessa.
Le nuove tecniche non invasive dove, attraverso un semplice prelievo del sangue materno, si analizzano con tecniche avanzatissime tracce biologiche del nascituro, sono molto apprezzate dalle partorienti. Nel 2015, il mercato dei NIPT ha fatto registrare un fatturato mondiale di 613 milioni di dollari.
Un recente report dell’Istituto americano Credence Research, dal titolo: “NIPT: crescita del mercato, prospettive future e analisi competitive 2016-2022”, ha fatto delle previsioni di mercato.
Quello dei NIPT è un mercato in forte crescita, entro i prossimi 5 anni (2022) potrebbe più che triplicare, raggiungendo i due miliardi. E quasi decuplicare entro il 2025 (stima di 5,5 miliardi di fatturato).
In un mercato altamente competitivo, nasce a Roma Bioscience Genomics
L’Italia è uno dei Paesi europei più all’avanguardia nell’effettuare screening prenatale non invasivo, basato sul DNA (NIPT).
Uno dei centri dove è possibile fare uno screening prenatale NIPT si trova a Roma. Si tratta di uno spin off dell’Università Tor Vergata, costituita nel 2015 e denominata Bioscience Genomics.
Come spiega Giuseppe Novelli, genetista del centro, le tecniche NIPT sono progredite enormemente negli anni. Inizialmente, attraverso un’analisi di sangue materno, si riusciva ad individuare eventuali anomalie (trisomia) del nascituro del cromosoma 21 (sindrome di Down), del cromosoma 18 (sindrome di Edwards) e del cromosoma 13 (sindrome di Patau). Oggi, con le moderne tecniche NIPT è possibile diagnosticare ben 19 anomalie genetiche, molte di queste associate a patologie rare.
Si tratta di un mercato competitivo, dominato dagli Stati Uniti con il 58% del business mondiale.
Europa, Giappone, Australia e Cina stanno cercando di rosicchiare quote di mercato. I vantaggi offerte da uno screening NIPT vanno inquadrati nel contesto che arrivare ad una gravidanza in età avanzata, in caso di aborto, le chance di riprovarci sono molto ridotte.
Ed è proprio in quest’ottica che il governo britannico, al fine di evitare gli oltre 150 aborti di feti sani, che ogni anno si registrano nel Regno Unito a causa di screening prenatali invasivi, dal prossimo anno ha deciso di rendere disponibili a tutti, gratuitamente, queste tecniche NIPT. Anche nei Paesi di fede islamica, questi screening stanno guadagnando consensi. Da un’indagine effettuata in Pakistan su 113 ostetriche, e pubblicata questi giorni su Prenatal Diagnosis, oltre il 95% è favorevole all’introduzione di tecniche di screening tipo NIPT.