Domenica sera, su La7, Giovanni Minoli intervistava Michele Maio, oncologo e immunologo di fama internazionale, direttore del Centro di Immunoterapia Oncologica del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena. Lo scienziato ha affermato che, per le conoscenze attuali, l’immunoterapia oncologica può controllare qualsiasi tumore. E’ solo una questione di tempo. I tumori studiati per primi, come melanoma e cancro al polmone, già hanno avuto risposte positive. Questo non vuol dire necessariamente eliminare il tumore ma, a volte, l’immunoterapia riesce solo a bloccarlo, assicurando comunque al paziente una vita regolare e duratura.
Adesso arrivano i dati di pembrolizumab sul tumore alla vescica.
Anche il tumore alla vescica risponde all’immunoterapia
In oncologia, l’immunoterapia di nuova generazione è in grado di stimolare il sistema immunitario, attivando le cellule T contro il tumore. Pembrolizumab, un anticorpo anti-PD-1, è un farmaco immunoterapico, già precedentemente descritto su questo giornale, per i risultati ottenuti nel tumore al polmone (NSCLC), nel melanoma avanzato dove, grazie all’immunoterapia, il 20% dei pazienti è vivo a 10 anni dalla diagnosi, e nel mesotelioma, dove è efficacia nel 50% dei pazienti
Ora arrivano risultati positivi anche sul tumore alla vescica. Fino a pochi mesi fa, ovvero prima dell’avvento dell’immunoterapia, e dell’utilizzo di anticorpi monoclonali anti-PD-1 o PD-L1 (due proteine in grado di influenzare la risposta immunitaria), un paziente con un tumore alla vescica poteva sperare nella radioterapia ma aveva poche possibilità di sopravvivenza.
Adesso uno studio clinico con pembrolizumab ha dimostrato che i pazienti con tumore alla vescica nello stadio avanzato, possono vedere un incremento della loro sopravvivenza di alcuni mesi, anche se precedentemente trattati con chemioterapia. Certo è ancora poco, passare da una sopravvivenza di 6-7 mesi con la chemio a 10-11 mesi con pembrolizumab, ma questo è solo l’inizio.
Cancro alla vescica
Nel 2016 in Italia sono stati diagnosticati 26.660 nuovi casi di tumore alla vescica con 5.600 decessi. Un tumore prevalentemente maschile, con un rapporto tra i due sessi di circa 1:4 a sfavore degli uomini (21mila casi verso 5mila casi nelle donne). Negli uomini infatti, dopo quello alla prostata, al polmone e al color retto, il tumore alla vescica occupa la quarta posizione come incidenza dei tumori solidi, mentre nella donna è solo all’undicesima posizione.
Anche se gli ultimi dati rilevano una riduzione di questa differenza, con una riduzione tendenziale dei casi negli uomini ed un aumento tendenziale nelle donne.
Sono molteplici i fattori che possono favorire l’insorgenza di un tumore alla vescica, anche se alcuni di questi sono più evidenti, come il fumo di sigaretta (oltre il 60% dei pazienti con questo tumore è stato un fumatore). Una possibile spiegazione di questo effetto è che le oltre 3.800 sostanze cancerogene o potenzialmente tali, contenute nelle sigarette, vengono accumulate nella vescica prima di essere eliminate con le urine. Similmente agiscono i diserbanti usati in agricoltura e che respiriamo per inquinamento ambientale o ingeriamo con gli alimenti.
Per questo tipo di tumore non esiste uno screening di massa come per altre forme tumorali. E questo è anche una delle cause perché si arriva alla diagnosi in una fase già avanzata del tumore. Che comunque interessa principalmente uomini ultra-60enni.