Dal 1 al 5 aprile, presso il Washington Convention Center, si è svolto anche quest’anno l’appuntamento annuale AACR, dove migliaia di ricercatori e scienziati provenienti da tutto il mondo (lo scorso anno erano 8 mila i partecipanti) hanno presentato le ultime novità nella lotta contro i tumori.

Ecco alcune novità

Diminuiscono i tumori associati all’HIV. Questo grazie all’introduzione delle nuove terapie antiretrovirali usate dai pazienti con AIDS. Anche se in questi pazienti viene riscontrato un aumento dei casi di tumori alla prostata, al polmone e altri tumori come il linfoma non-Hodgkin e il sarcoma di Kaposi, ma questo è dovuto all’aumento dell’età media della popolazione con HIV.

Nel 2006, negli Stati Uniti, i siero positivi over 65enni erano solo il 4%. Nel 2030 saranno il 20%.

Nel melanoma avanzato, ha dato una risposta positiva e duratura la combinazione di ipilimumab (Yervoy) e Coxsackievirus A21 (CVA21; Cavatak), anche nei casi in cui precedenti trattamenti erano falliti. In uno studio di Fase Ib, su 22 pazienti, 11 hanno avuto una risposta completa (guarigione), decisamente positivo rispetto ai due farmaci presi singolarmente dove le risposte non sono superiori all’11% e 28%, per ipilimumab e CVA21, rispettivamente. Sempre nel melanoma, la combinazione tra un inibitore della IDO, indoximod, e un anticorpo monoclonale, pembrolizumab, nel 52% dei casi ha dato una risposta parziale o totale (guarigione) dei pazienti.

L’uso di aspirina nella prevenzione. E’ noto, ed è già nella pratica clinica, l’uso dell’aspirina a basso dosaggio, nei soggetti da 50 a 69 anni, nella prevenzione cardiovascolare e nel cancro al colon-retto. Ricercatori di Harvard hanno presentato i risultati di uno studio osservazionale, durato 32 anni, oltre 86mila donne e quasi 43mila uomini (dal 1980 al 2012) che avevano preso regolarmente aspirina.

Valutati sul lungo periodo, si è potuto dimostrare che l’aspirina riduceva la mortalità da cancro del 7% nelle donne e dell’11% negli uomini. La compressa da 0,5 grammi era stata assunta una volta alla settimana, ma anche tutti i giorni. Il dato più rilevante è stato la riduzione del cancro al colon-retto, 31% nelle donne e 30% negli uomini.

Anche il tumore alla mammella (- 11%) nelle donne e alla prostata (-23%) negli uomini completa questa evidenza sperimentale.

Dormire poco fa male alla prostata. Due grossi studi, a partire dagli anni ’50 fino al 1972 il primo, e dal 1982 al 2012 il secondo, coinvolti oltre 407mila uomini, basati su quanto i partecipanti dichiaravano sulla loro qualità del sonno (durata, insonnia, ecc.) hanno permesso di schedare i volontari. Andando ad analizzare le schede dei pazienti deceduti, per un cancro alla prostata, sono arrivati a questa sorprendente conclusione. Gli uomini under 65enni, che nei precedenti 8 anni dormivano solo 3-5 ore per notte, avevano il 55% di rischio in più di avere un cancro alla prostata, rispetto a quelli che dormivano 7 ore per notte.

Con 6 ore di sonno il rischio aumenta del 29%. Invece, per gli over-65enni non è stata trovata alcuna relazione tra ore di sonno e rischio di cancro alla prostata. Gli autori hanno ipotizzato un ruolo della melatonina in questo fenomeno, ormone che si produce al buio e che, invece, chi dorme poco e trascorre meno ore al buio, produce meno. I livelli di melatonina si riducono progressivamente con l’età, e questo spiegherebbe quanto osservato negli ultra-65enni.

Pazienti con tumore al polmone dopo 5 anni, trattati con nivolumab (Opdivo). Una piccola percentuale di pazienti (16%) - con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) trattati con nivolumab, un inibitore PD1, un soppressore dell'immunità anti-tumorale – ha mostrato una sopravvivenza a 5 anni.

Un grosso risultato per una patologia che, trattata diversamente, non dà speranze di vita oltre un anno.

Queste sono solo alcune novità selezionate tra le migliaia presentate a questo importante meeting internazionale.