L'Italia è ancora un paese con delle eccellenze in campo scientifico. La dimostrazione viene da una scoperta che definire sensazionale è dire poco. Tanto è vero che i risultati sono stati pubblicati sul prestigioso New England Journal of Medicine. Da oggi, grazie al lavoro dell'equipe scientifica del Professor Francesco Cucca, direttore dell'Istituto di Ricerca genetica e biomedica del CNR e professore ordinario di genetica biomedica presso l'Università di Sassari, la sclerosi multipla e il Lupus eritematoso sistemico fanno meno paura.
Secondo i risultati della ricerca appena pubblicata sulla prestigiosa rivista americana, all'origine delle due patologie, entrambe autoimmuni, vi sarebbe un gene, il Tnfsf13B, deputato alla sintesi e alla produzione di una particolare proteina, la citochina Baff, che possiede delle importanti proprietà immunologiche.
La pubblicazione dei risultati della ricerca corona un lavoro certosino durato circa 6 anni, nel corso dei quali si è sequenziato in maniera estremamente dettagliata il genoma di migliaia di individui, sia italiani che stranieri. Questo attento studio ha portato ad un risultato che lo stesso professor Cucca definisce "rarissimo": si è infatti scoperta una correlazione diretta tra il gene menzionato e il rischio di contrarre la Sclerosi Multipla o il Lupus eritematoso sistemico.
I potenziali benefici a lungo termine dell'attuale scoperta
Il professor Cucca, come si richiede ad uno scienziato del suo calibro, non è preda di facili sensazionalismi. Come ha ricordato in una intervista a La Stampa, non è sua intenzione illudere nessuno, ma certamente, da ora in poi, le terapie potranno essere meglio calibrate e mirate.
Anche perché il Professor Cucca, oltre a specificare che il risultato principale di questa ricerca è la dimostrazione di un rapporto causa effetto tra gene e malattia, ci tiene a ribadire che i benefici immediati saranno almeno di tre tipi: una migliore identificazione di 'cosa colpire' con lo studio di nuovi farmaci, una migliore previsione dei risultati ottenuti con le terapie adottate e prevenzione possibile con la somministrazione di medicinali specifici ad individui con caratteristiche genetiche predisponenti. Le risultanze della ricerca sono coerenti, spiegano ancora i membri dell'equipe, con il fatto che il primo farmaco che aveva dimostrato una certa efficacia contro il Lupus era proprio un anti Baff.