Si chiama tisagenlecleucel (nome commerciale Kymriah), una immunoterapia di tipo CAR-T, acronimo di “Chimeric Antigen Receptor T cell”. Più che un farmaco è un approccio che si avvale di cellule dello stesso paziente, prelevate ed inviate in un laboratorio dove vengono ingegnerizzate e poi re-iniettate al paziente. La FDA ha dato disco verde per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta (LLA), il tumore più frequente nei giovani under 21.

Un farmaco personalizzato

Quella appena approvata dalla FDA è la prima terapia genica, indicata nei pazienti in età pediatrica e nei giovani, fino a 25 anni, affetti da leucemia linfoblastica acuta (LLA).

Ci sono diverse terapie in grado di controllare la LLA. Purtroppo un 15-20% di questi pazienti, soprattutto i più giovani, non rispondono alle comuni terapie o al trapianto del midollo osseo, lasciandoli senza alcuna opzione terapeutica e quindi in pericolo di vita. All’Università della Pennsylvania – su un progetto finanziato dalla multinazionale farmaceutica Novartis - è stata sviluppata una terapia genica, detta tisagenlecleucel, ora commercializzata dalla stessa Novartis col nome di Kymriah, che utilizza i linfociti T dello stesso paziente.

In pratica, in un centro autorizzato (una trentina negli USA) si fa il prelievo da cui si isolano i linfociti T, questi vengono inviati in un laboratorio aziendale (nel New Jersey) dove vengono modificati geneticamente ovvero viene introdotto un gene che codifica per una proteina specifica, la CAR-T, in grado di distruggere solo le cellule che hanno sulla membrana un particolare antigene, il CD19.

I linfociti così modificati vengono nuovamente iniettati al paziente (unica somministrazione endovenosa) dove vanno a colpire, in modo mirato, le cellule leucemiche distruggendole. L’intero ciclo, dal prelievo alla nuova somministrazione, richiede più di tre settimane (circa 22 giorni). Il prezzo di questo trattamento è tra i più elevati finora noti: 475mila dollari a trattamento!

L’OK della FDA è arrivato dopo i risultati di uno studio clinico su 63 pazienti per i quali il tumore è andato in remissione nell’83% dei casi. Non è ancora chiaro, tuttavia, quanto i benefici del trattamento possano durare. In alcuni pazienti il tumore è ricomparso pochi mesi dopo. Va comunque ricordato che questa nuova procedura/terapia è stata adottata 5 anni fa su una bambina destinata a morire e che ora, a distanza di cinque anni, vive ed è senza tumore.

E poi, indipendentemente dai risultati fin qui ottenuti, questa rappresenta una tappa miliare nella lotta contro i tumori. Finora l’approccio immunoterapico specifico era stato studiato solo in modelli animali in laboratorio. Ora, sebbene destinato a pochi pazienti, con Kymriah si taglia un nuovo traguardo nella lotta contro i tumori.

Finora solo nei tumori ematologici

La leucemia linfoblastica acuta (LLA) è un tumore ematologico a rapida evoluzione - per cui “acuta” - che si origina dai linfociti, un tipo di globuli bianchi del sangue, nel midollo osseo. I linfociti sono cellule del sistema immunitario che presidiano il nostro organismo dall’attacco di agenti esterni. Si distinguono linfociti B e T in base al tipo di meccanismo che attivano per la difesa immunitaria.

In caso di trasformazione tumorale, i linfociti si riproducono in modo incontrollato invadendo linfonodi, milza, fegato e sistema nervoso centrale.

Solo negli Stati Uniti ogni anno vengono diagnosticati 3.100 nuovi casi di LLA, in pazienti con meno di 21 anni. In Italia si registrano 1,6 casi ogni 100mila uomini (450 nuovi casi l’anno) e 1,2 casi ogni 100mila donne (320 nuovi casi l’anno). Quindi una incidenza relativamente rara. Anche da noi è più frequente in età pediatrica (80%) e rappresenta il 25% di tutti i tumori diagnosticati in questa fascia di età.

L’approccio personalizzato sfruttato per il trattamento di questo tipo di tumore può essere, in seguito, utilizzato anche per trattare altre forme tumorali, ma sempre forme ematologiche.

Più difficile, al momento, rimane un approccio di questo tipo nei tumori solidi che, notoriamente, sono poco omogenei e quindi esprimono una moltitudine di antigeni in superficie. Colpirne solo uno non porterebbe alla distruzione del tumore. Ma la ricerca va avanti.