L'obesità è una condizione ormai dilagante nel mondo occidentale dove "junk food", scarsa attività fisica e stress quotidiani la fanno da padrone. Un indice di massa (IMC) superiore a 30 (lieve) fino ad oltre 40 (obesità di grado alto) ci predispone a tutta una serie di patologie quali malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, malattie epatiche e cancro. Queste malattie tendono inoltre a cronicizzare gravando fortemente sulla spesa pubblica sanitaria. Il mondo della scienza è pertanto impegnato da anni nel ricercare una soluzione valida a quella che sembra essere una vera e propria pandemia dei giorni nostri.

La ricerca australiana

I ricercatori australiani della Monash University's Biomedicine Discovery Institute hanno dimostrato, su modelli da laboratorio, come l'alimentazione sia in grado di modulare la conversione del grasso bianco, che conserva l'energia, in grasso bruno, che la utilizza. Il grasso nel corpo umano è immagazzinato in cellule specializzate denominate adipociti, che possono invertirsi da bianchi a bruni e viceversa. L'interessante studio è stato pubblicato su Cell Metabolism e mostra ciò che avviene dopo un pasto. Il cervello risponde all'insulina circolante, liberata con l'aumento del glucosio nel sangue, in seguito all'introduzione degli alimenti, inviando segnali per promuovere l'imbrunimento degli adipociti pronti a bruciare l'energia.

Al contrario, con il digiuno, il cervello istruisce gli adipociti bruni a convertirsi in adipociti bianchi, i quali si limitano ad immagazzinare l'energia sotto forma di grasso. Questi processi biologici aiutano l'organismo a prevenire sia l'eccesso di peso che l'eccesso di perdita di massa grassa in risposta alla disponibilità degli alimenti (periodo di "vacche grasse" si brucia) o durante il digiuno (momento di carestia, si immagazzina), il che significa che il peso corporeo tenderà a rimanere abbastanza stabile nel tempo.

Obesità: "interruttore" guasto

I ricercatori hanno dimostrato che la capacità del cervello di sentire l'insulina e di coordinare la spesa energetica tramite l'imbrunimento degli adipociti è controllata da un meccanismo di tipo on/off, similmente ad una sorta di interruttore. "Quello che accade nel contesto dell'obesità è che l'interruttore rimane sempre acceso e non si spegne durante l'alimentazione", ha dichiarato uno dei ricercatori, il professor Tony Tiganis, in un'intervista su Science daily - di conseguenza, l'imbrunimento è spento tutto il tempo e le spese energetiche sono ridotte, quindi quando si mangia, non si vede un aumento proporzionale delle spese energetiche.

Ciò promuove l'aumento di peso".Studi precedenti avevano già dimostrato che è il cervello a coordinare il tessuto adiposo, ma: "Per lungo tempo, il pezzo mancante del puzzle è sempre stato il motivo per cui questo si verifica nel corpo - ha detto il primo autore dello studio, il dottor Garron Dodd - "Abbiamo dimostrato non solo perché questo accade ma anche qual è il meccanismo fondamentale implicato. È molto emozionante".

Una possibile cura contro l'obesità?

Lo scopo dei ricercatori è ora quello di scoprire come intervenire su tale interruttore per scopi terapeutici al fine di curare l'obesità. "Ciò che i nostri studi hanno dimostrato è che esiste un meccanismo fondamentale che normalmente assicura che la spesa energetica sia abbinata all'assunzione di energia.

Quando questo è difettoso, si aumenta di peso. E' potenzialmente possibile intervenire su questo meccanismo per promuovere la spesa energetica". La strada per trovare una possibile cura contro l'obesità sembra ancora piuttosto lunga, ma certamente tale scoperta incoraggia ulteriori studi ed approfondimenti. In parte dunque è così spiegato perché c'è chi ingrassa anche con poco e chi invece sembra non avere problemi nel "bruciare" tutto ciò che introduce con la dieta.