La ricerca è stata condotta da un team di ricercatori del North Shore University System’s Research Institute dell’Illinois e rappresenta il più grande studio mai affrontato circa l’orientamento sessuale e il suo collegamento con il Dna; per la prima volta infatti i ricercatori hanno studiato l’intero DNA di soggetti maschili omosessuali, confrontandolo con un gruppo di numero uguale di uomini etero, rivelando delle particolari differenze. Nello specifico i geni chiamati SLITRK5 e SLITRK6, legati all’ipotalamo, sono risultati diversi nel DNA degli omosessuali rispetto a quelli degli etero, così come alcune differenze sono emerse nel gene TSHR legato alla tiroide.
Ipotalamo e tiroide le aree di studio
Sia ipotalamo che tiroide sono risultati fondamentali nella determinazione dell’orientamento sessuale, essendo entrambi produttori di ormoni legati al desiderio sessuale; in particolare, studi eseguiti in precedenza avevano già evidenziato che l’ipotalamo degli omosessuali presenta alcune zone di dimensioni maggiori fino al 34% rispetto a quello degli uomini etero.
Per gli studiosi che hanno realizzato questa innovativa indagine, i risultati rappresentano il primo passo verso la comprensione dell’esistenza di una predisposizione genetica riguardo alla sessualità, benché come ha sottolineato il professore Robin Lovell-Badge a capo del The Francis Crick Institute, le varianti genetiche non siano da considerarsi in alcun modo determinanti dello sviluppo di una tendenza sessuale anziché un’altra, ma solo che la loro presenza renda più probabile l'orientamento.
Molti i fattori che intervengono nell'orientamento sessuale
In presenza quindi di differenze genetiche, non necessariamente queste sono da ritenersi le uniche responsabili dell’orientamento sessuale, per il quale entrano in gioco diversi parametri e condizioni come l’ambiente sociale in cui si cresce, le esperienze vissute in adolescenza e il quotidiano in cui si è immersi.
Qualcuno ha già criticato lo studio dei ricercatori dell’Illinois, come Gil McVean, professore di Statistical Genetics all’università di Oxford, che ha affermato che le variazioni genetiche sono troppo deboli per poter essere utilizzate per prevedere l’orientamento sessuale di una persona, tanto che la ricerca pubblicata sulla rivista Scientific Reports, a suo dire, pur essendo interessante, è fine a sé stessa e non presenta possibilità di applicazione diretta.