L'infarto rappresenta senza dubbio l'evento più temibile per la salute del nostro cuore. Per quanto oggi esistono terapie post-infarto in grado di restituire al paziente che ne è colpito una vita praticamente normale salvo complicazioni, in questi casi vale sempre il vecchio adagio secondo cui prevenire è meglio che curare. D'altronde a detta degli esperti seguire uno stile di vita sano basato sia su un regime dietetico che privilegi alimenti quali la frutta e la verdura, abbinato a un'attività fisica, dovrebbe diminuire drasticamente le probabilità di incorrere in questo problema di salute.
Rimanendo sempre in tema di infarto, stando a un articolo che è stato pubblicato sul New York Times, alcuni ricercatori hanno scoperto un importante fattore di rischio per quanto riguarda gli attacchi cardiaci. Ma andiamo a considerare più nello specifico il fattore di rischio di cui si parla in questo articolo.
Infarto: scoperto nuovo fattore di rischio
Intanto si chiama Chip, acronimo di Clonal hematopoiesis of indeterminate potential ovvero emopoiesi clonale di potenziale indeterminato. Pertanto i livelli di emopoiesi clonale ci consentono di mettere in evidenza le mutazioni delle cellule staminali che si trovano nel midollo osseo. Nell'ipotesi in cui dovesse verificarsi un accumulo eccessivo di queste cellule vi sarebbe un rischio pari al 50% di sviluppare un infarto o un ictus entro 10 anni.
In effetti i ricercatori hanno tenuto conto del fatto che in alcuni casi le persone colpite da un infarto del miocardio non presentavano alcun fattore di rischio noto, ovvero non fumavano, non avevano pressione alta, né colesterolo in eccesso, insomma conducevano uno stile di vita sano ma nonostante questo sono stati colti da un attacco cardiaco.
Per i ricercatori la spiegazione andrebbe trovata proprio nella scoperta di questo nuovo fattore di rischio. In particolare le probabilità di infarto indotto dalle mutazioni delle cellule staminali aumentarebbero con l'età, per cui intorno ai 60 anni si avrebbe un rischio pari al 20% mentre nei pazienti ottantenni il rischio toccherebbe il 50% .
Cosa fare
Insomma per i ricercatori non si tratta di una mutazione rara e col progredire dell'età diventa più probabile. Per gli studiosi queste mutazioni non sarebbero ereditarie, pertanto sarebbero acquisite dall'ambiente ad esempio a causa dell'esposizione agli agenti inquinanti oppure alle tossine come il fumo di sigaretta. Al momento per conoscere se si è portatori di questa mutazione Chip bisognerebbe effettuare un test specifico del sangue che ha un costo molto elevato, ma a parte questo gli stessi medici lo sconsigliano in quanto per diminuire le probabilità di un attacco cardiaco non vi è qualcosa di specifico da fare.