Croce e delizia di mamme e bambini, gli snack e le merendine italiane potrebbero avere dei vantaggi nutrizionali rispetto agli snack inglesi o americani. Questo secondo quando affermato da uno studio comparativo commissionato alla Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare (FoodEdu) da parte dell’AIDEPI (Associazione Industriali Del Dolce e della Pasta). Lo studio comparativo ha, infatti, posto sotto osservazione lo scenario vario e variegato degli snack prodotti in Italia, ossia le classiche “merendine”, e quelli confezionati in Regno Unito e in Usa.

Un campione di 10 prodotti diversi scelti tra i più significativi tra quelli in vendita nella grande distribuzione.

Merendine italiane VS snack inglesi e americani

Stigmatizzata, violentata, bistrattata, accusata, rigettata: l’opinione medica si è spesso espressa contro il consumo della classica “merendina”, ossia lo snack confezionato industrialmente e venduto in monoporzioni sugli scaffali dei supermercati. Il motivo di tanta acredine nei confronti di questo genere di prodotti sarebbe l’alto contenuto glucidico, calorico e lipidico, condizione peggiorata dal fatto che i tipici fruitori delle merendine sono i bambini, quindi organismi in piena crescita che necessitano di contenuti nutrizionali ottimali oltre che in generale di una corretta educazione alimentare.

Le merendine andrebbero nella direzione esattamente opposta.

A spezzare una lancia in favore degli snack, soprattutto quelli italiani, è Evelina Flachi, presidente di FoodEdu e nutrizionista, che ha riportato i primi risultati dello studio con soddisfazione: “Le merendine italiane, oltre a essere proposte in porzioni più piccole, contengono ingredienti qualitativamente più rispondenti alle esigenze dei consumatori".

Rispetto alle concorrenti anglofone, infatti, gli snack made in Italy avrebbero alcuni punti a favore. Il peso, innanzitutto: le merendine italiche peserebbero, in media, 34 grammi a fronte dei 66 grammi delle merendine inglesi e la porzione xxl americana di 81 grammi.

La quantità media di grassi delle merendine tricolore, inoltre, sarebbe attestata a 5,7 grammi di lipidi, dei quali solo il 2,1 di grassi saturi.

Uno snack inglese, invece, fa assumere mediamente 12 grammi di grassi (5,2 grammi sarebbe il contenuto di grassi saturi). Nella porzione extra-large dello snack statunitense, invece, la quantità di grassi sarebbe addirittura pari a 16 grammi con un apporto di grassi saturi pari a 6,6 grammi (il triplo di una merendina italiana).

Anche sull’apporto glucidico, gli snack italiani risultano migliori. Le merendine contengono 9 grammi di zuccheri con un contenuto calorico medio di 136 kcalorie (tra il 5-10% del fabbisogno calorico giornaliero necessario consigliato dalla Società Italiana per la Nutrizione Umana per bambini di età compresa tra 7 e 12 anni). Gli snack inglesi avrebbero, invece, 19 grammi di zuccheri e 251 kcalorie.

A quelli americani, infine, toccherebbe la bandiera nera con un contenuto glucidico di 26 grammi di zuccheri e un contenuto calorico di 344 kcal.

L’importanza dello snack nella merenda italiana

Si stima che la cosiddetta "merendina" confezionata sia il tipo di snack consumato da circa 21 milioni di persone e che abbia un peso economico pari a 1 miliardo di euro di fatturato, tanto da rappresentare un quinto della produzione dei prodotti da forno in Italia. Uno scenario ben diverso da quello di USA e UK che parte da materie prime di qualità superiore e ricette con un migliore apporto nutritivo.

Sempre la dottoressa Flachi precisa di quanto migliori siano le nostre abitudini alimentari rispetto a quelle dei paesi anglosassoni.

Le fa eco Mario Piccialuti, direttore AIDEPI, che dichiara come un allarme che interessi i prodotti da forno britannici o statunitensi non debba avere ricadute sui prodotti autoctoni, in quanto "in UK e USA vi sono prodotti da forno diversi per contenuto di grassi e zuccheri non può e non deve ripercuotersi sulle nostre merendine".

La dieta mediterranea, del resto, ha lasciato un'impronta forte e costante nella cultura dell'alimentazione che esiste nel Bel Paese. Per esempio, secondo l'OMS il consumo di zuccheri aggiunti dovrebbe essere di 45 grammi tra i 4 e i 10 anni di età, e di 56 grammi dagli 11 anni alla maggiore età. L'Italia rispetta abbastanza bene queste indicazioni con un'assunzione giornaliera stimata di 53 grammi per i bambini e 56 per i ragazzi.

La situazione, invece, precipita pensando al consumo di zuccheri aggiunti in UK (60,8 grammi nei bambini e 74,2 negli adolescenti) e diventa critica negli States con valori più alti del 150% (78,7 grammi per gli under10 e 94 per gli under 18).

Un risultato che si riflette nel peso: l'Italia conta un numero molto più basso di persone obese, circa 3 volte in meno che in UK e 4 volte in meno che in USA.