Due anti-PARP, farmaci che bloccano l’enzima Poli ADP-ribosio polimerasi, l'Olaparib, studiato in Francia all'Università Claude Bernard Lyon, e il Velaparib, studiato negli Stati Uniti all’MD Anderson Cancer Center di Houston, in aggiunta alla chemioterapia, hanno confermato la loro efficacia in termini di aumento della sopravvivenza. In Spagna invece, gli oncologi della Clinica Universitaria di Navarra hanno studiato il Niraparib su donne in recidiva con o senza BRCA mutato, dopo aver completato il ciclo di chemio. Anche in questo caso risultati positivi.

ESMO di Barcellona

All'incontro annuale della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), organizzato a Barcellona dal 28/09 al 01/10, sono intervenuti oltre 28.000 medici. Una occasione di confronto su nuove terapie, prevenzione e diagnosi. E, come ogni anno, le novità non sono mancate.

In particolare, quest’anno sono stati presentati i risultati di tre studi clinici sull'uso di inibitori PARP in pazienti affette da tumore dell'ovaio di grado avanzato. Il riferimento è a una nuova classe di farmaci non citotossici, che bloccano i sistemi di riparo delle cellule. Così una cellula tumorale, quando è colpita da un agente antitumorale, cerca di riparare il danno subito. Gli anti-PARP gli impediscono di attivare questo meccanismo spingendo la cellula verso l’apoptosi (morte programmata cellulare), distruggendo il tumore.

Per questo gli anti-PARP vengono normalmente somministrati in combinazione con la chemioterapia tradizionale. Negli studi presentati a Barcellona, Isabelle Ray-Coquard dell'Università Claude Bernard Lyon 1 (Francia) ha presentato i risultati dello studio clinico di Fase III (PAOLA-1/ENGOT-OV25) dove il bevacizumab (farmaco di prima linea per questo tumore) era stato associato all'Olaparib, un inibitore PARP.

La combinazione ha migliorato la sopravvivenza senza malattia rispetto alle pazienti trattati con bevacizumab e un placebo. La sopravvivenza è passata da 16,6 a 22,1 mesi, indipendentemente dalla presenza della mutazione del gene BRCA. Nelle pazienti con BRCA mutato, la sopravvivenza media è arrivata a 37,2 mesi.

Robert Coleman dell'MD Anderson Cancer Center di Houston, in Texas, ha presentato i risultati della combinazione tra un altro inibitore PARP, il Veliparib, e la tradizionale chemio a base di paclitaxel / carboplatin.

Lo studio clinico di Fase III (VELIA/GOG-3005) è stato condotto in 202 centri di 10 Paesi, coinvolgendo oltre 1.100 donne con un tumore avanzato, metastatico. Anche in questo caso le pazienti trattate con la combinazione anti-PARP/chemio hanno migliorato la loro sopravvivenza, 23,5 mesi rispetto ai 17,3 mesi del gruppo placebo (solo chemio). Nella sottopopolazione delle pazienti con BRCA mutato la sopravvivenza è stata più marcata (34,7 vs 22 mesi).

Questi due studi hanno confermato che nelle donne con tumore avanzato, una terapia a base di inibitore PARP associata alla chemio può essere un approccio di prima linea.

Anche dopo la chemio

Un terzo studio, sempre di Fase III, presentato da Antonio Gonzalez della Clinica Universidad de Navarra, ha evidenziato che un inibitore di PARP, in questo caso il Niraparib, prescritto come terapia di mantenimento, dopo un ciclo di chemio, funziona lo stesso.

Lo studio condotto in 181 centri di diversi Paesi, su 733 donne con diagnosi di tumore avanzato, grazie all’anti-PARP dopo la chemio, ha aumentato la sopravvivenza media di 13,8 mesi vs 8,2 mesi del gruppo placebo. Un ulteriore dato, nelle pazienti HRD positive (“homologous recombination deficiency”) la sopravvivenza nel gruppo con l’inibitore PARP è più che raddoppiata (21,9 mesi vs 10,4 mesi).

Su New England Journal of Medicine pochi giorni fa sono stati pubblicati i risultati dello studio con Niraparib e con Veliparib.

Il carcinoma ovarico

Le ovaie sono le gonadi femminili, due piccole organelli a forma di mandorla dell’apparato genitale. I tumori che colpiscono le ovaie possono essere “primitivi” nel senso che si generano proprio li, oppure sono "secondari", ovvero cellule tumorali (metastasi) di un tumore sorto altrove che arrivano alle ovaie.

L'incidenza maggiore è tra i 55 e i 65 anni. Si manifestano con gonfiore addominale, necessità di urinare spesso e dolore addominale.

Una diagnosi precoce offre maggiori chance di guarigione. In Italia ogni anno ci sono 5.200 nuovi casi. Con una diagnosi precoce la sopravvivenza a 5 anni è del 75-95%. Ma se la diagnosi arriva in una fase avanzata la percentuale scende al 25%. Anche a causa delle recidive che, nel 70% delle pazienti, arriva entro tre anni. Per questo, i risultati sugli anti-PARP sono particolarmente incoraggianti perché vanno a migliorare la prognosi proprio di questa fascia di pazienti.