Il latte in vendita nei supermercati italiani contiene tracce di medicinali di vario genere, come antinfiammatori, cortisonici e antibiotici. È questo il preoccupante risultato di una serie di analisi eseguite da "Il Salvagente", rivista specializzata nei test di laboratorio a difesa del consumatore.
Farmaci di vario genere nel latte
In oltre la metà delle confezioni di latte analizzate, acquistate in vari supermercati e discount del nostro paese, sono state trovate tracce di farmaci di vario genere. I tre riscontrati con maggiore frequenza sono il dexamethasone, il neloxicam e l’amoxicillina.
Il primo è un glucocorticoide, il secondo un antinfiammatorio: entrambi sono comunemente usati in ambito veterinario, ma quello che suscita i maggiori timori per la Salute dei consumatori è il terzo. SI tratta di un antibiotico utilizzato per curare la mastite (ossia l'infiammazione della ghiandola mammaria) nelle vacche da latte: il timore è infatti che una costante assunzione di antibiotici, seppure in dosi relativamente basse, possa rendere più facile lo sviluppo di batteri resistenti agli antibiotici.
Il pericolo della resistenza agli antibiotici
L'antibiotico-resistenza è infatti una delle principali emergenze sanitarie a livello globale: una delle sue cause più rilevanti è proprio l'assunzione indiscriminata (ossia senza prescrizione medica) di questo tipo di farmaci.
Appena pochi giorni fa Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva spiegato come "la minaccia rappresentata dalla resistenza antimicrobica non sia mai stata più incombente e la necessità di soluzioni più urgenti", dal momento che la lentezza nello sviluppo di nuovi antibiotici sta minando gli sforzi fatti per combattere le infezioni resistenti ai farmaci.
Il timore è quindi quello che la presenza di questo tipo di medicinali nel latte che consumiamo ogni giorno possa aggravare ulteriormente la già precaria situazione.
I rischi per la salute
Il dottor Ruggiero Francavilla, pediatra e gastroenterologo dell'Università di Bari, ha spiegato come un'assunzione anche in piccole dosi ma comunque costante possa sottoporre la flora batterica intestinale a "una pressione selettiva a vantaggio dei batteri resistenti agli antibiotici che diventano più rappresentati", con il rischio che questa informazione genetica venga "trasferita ad altri batteri, anche patogeni".
Ad ogni modo, oltre a rappresentare un allarme, questi test possono rappresentare un nuovo modo per garantire la sicurezza degli alimenti. La metodologia utilizzata, sviluppata dalle Università Federico II di Napoli e da quella di Valencia, permette infatti di scoprire contenuti che sfuggirebbero ai normali test. Le stesse aziende coinvolte, come spiegato dal direttore de "Il Salvagente"; Riccardo Quintili, "si sono mostrate molto sensibili all’argomento e alle evoluzioni dei loro controlli rese possibili da questo nuovo metodo". La speranza è che quindi questa notizia, per quanto preoccupante, possa costituire un punto di partenza per avere in vendita nei nostri supermercati latte più controllato e sano.