"Ho dato tutto al Basket. Adoro giocare ma non ho più la voglia necessaria per continuare a farlo". Queste le parole scelte da Allen Iverson per ufficializzare la sua decisione di abbandonare il basket, espressa già il 21 agosto di quest'anno. 38 anni all'anagrafe, Iverson  esordì tra le grandi del basket americano nel lontano 1996, anno in cui, convocato dai Philadelphia 76ers, si rivelò la prima scelta assoluta al draft NBA. 

Ai tempi delle superiori, Iverson diede prova di un'eccellente attitudine allo sport, arrivando a vincere, durante il suo anno da senior, sia il campionato di basket che il campionato di football, disciplina che abbandonò nonostante il titolo, accaparratosi l'anno stesso, di miglior quarterback della Virginia.

Consacratosi al basket, entrò successivamente  nelle file della squadra della Georgetown University, e, ancora una volta, si rivelò il primo dello Stato, in questo caso nella classifica di palle rubate, e tra i migliori cinque nella classifica dei marcatori. Correva l'anno 1994. Due anni dopo lasciò la Georgetown University e si dichiarò eleggibile per il draft NBA, di lì i Philadelphia 76ers, il resto è storia.

Con i 76ers esordì come playmaker, complici i 183cm di altezza, ma in seguito all'arrivo di coach Larry Brown, ingaggiato da Philadelphia nel 1997, si ripropose come guardia tiratrice.

Vincitore del Most Valuable Player Award della stagione  2000-2001, che si concluse con la schiacciante sconfitta inflitta dai Los Angeles Lakers di Shaquille O' Neal e Kobe Bryant ai 76ers di Iverson, lo stesso anno venne eletto Most Valuable Player dell'All Star Game, a cui ha preso parte undici volte.

Nel 2004 è il capitano della nazionale di basket statunitense alle Olimpiadi di Atene, terza classificata, nel 2006-2007 viene ceduto ai Denver Nuggets e l'anno successivo passa ai Detroit Pistons, con i quali registra i suoi peggiori risultati. Nel 2009 firma con i Memphis Grizzlies, con i quali rescinde il contratto dopo breve tempo, causa un infortunio al polpaccio e "motivi personali".

Dopo un breve ritorno a Philadelphia lo stesso anno, "The Answer" inizia ad esprimere dubbi sulla sua permanenza nel circuito del basket; un'artrite al ginocchio sinistro e la figlia malata lo costringono a saltare numerose partite e ad abbandonare la stagione in anticipo, ma la pietra sulla sua carriera agonistica la porrà una calcificazione ad una gamba, diagnosticata dal club turco per cui avrebbe dovuto giocare fino a giugno 2012.

Nonostante sia stato spesso criticato per i suoi rapporti con la panchina, per la sua personalità spesso difficile da gestire, l'addio di Iverson sigilla un capitolo epico della storia del basket.