La notizia della morte di Bjorg Lambrecht al Giro di Polonia ha turbato il mondo del Ciclismo e soprattutto i tanti colleghi del giovane corridore belga. Anche se l’incidente che ha spezzato la vita del ragazzo della Lotto Soudal è stato causato da una tragica e assurda fatalità, sono diversi gli atleti che si sono sentiti in dovere di intervenire per parlare della mancanza di rispetto che impera in mezzo al gruppo. Già in quella angosciosa giornata di lunedì segnata dall’incidente era stato Davide Formolo, presente al Giro di Polonia, a denunciare come il comportamento di molti corridori sia oltremodo pericoloso.

Ora questo tema è stato ripreso da uno dei big del gruppo, Vincenzo Nibali, che ha ricordato anche un curioso episodio con il giovane Lambrecht.

Nibali: ‘In passato non era così’

Vincenzo Nibali è passato al ciclismo professionistico nel 2005 con la Fassa Bortolo ed ha vissuto dei cambiamenti profondi all’interno del gruppo in questi anni. Non c’è stata solo un’evoluzione tecnica, ma anche un mutamento nei rapporti tra i corridori e nel modo in cui i giovani si confrontano con i colleghi più anziani. “Oggi a mio avviso manca quel senso di rispetto tra atleti, in passato non era così” ha dichiarato Nibali alludendo soprattutto ai comportamenti dei neoprofessionisti.

“Se non fossi stato attento quando sono diventato professionista sarei stato schiaffeggiato.

Ma schiaffi veri e pugni. Oggi non puoi, se ti riprendono con uno smartphone o una fotocamera mentre lo fai ti buttano fuori” ha spiegato il campione del Team Bahrain. Secondo molti corridori questa mancanza di rispetto sarebbe una delle principali cause di cadute e incidenti, come ha affermato anche Formolo dal Giro di Polonia.

L’incontro con Lambrecht nei Paesi Baschi

Nibali non conosceva personalmente Bjorg Lambrecht, ma aveva incontrato il giovane talento belga al Giro dei Paesi Baschi della scorsa stagione e ne era rimasto molto colpito. “Io non mi ero ripreso dagli sforzi del Giro delle Fiandre e stavo andando piano” ha dichiarato il vincitore del Tour 2014.

“C’era questo ragazzo che andava molto forte. Io sono andato da Pellizotti e gli ho chiesto chi era. Mi ha detto che era Lambrecht e io allora ho risposto che per come andava si doveva chiamare Lambretta. Avevamo scherzato così. Ha sorriso e forse ci ha capito, chissà” ha ricordato Nibali sottolineando i tanti rischi di uno sport come il ciclismo, sia in corsa che in allenamento.

“Pedaliamo su strade aperte ogni giorno. Siamo come i piloti di rally, siamo soggetti all’imprevisto. Percorsi che non conosciamo, l’asfalto rovinato, gli indicatori come gli occhi di gatto, una buca” ha spiegato il campione siciliano ricordando però che molti pericoli derivano anche dal comportamento dei corridori stessi.

“Il gruppo va forte, sempre di più. Basta un po’ di disattenzione, uno che frena di più e uno di meno, qualcuno che scivola e non puoi farci niente. Alcuni rischi sono connessi al ciclismo che non è uno sport facile, al contrario è uno sport duro che non perdona” ha concluso Nibali.