Che Matteo Renzi sia un campione di comunicazione ce ne siamo accorti tutti. Ci siamo anche accorti che questo provvedimento sull'Irpef non è la rivoluzione che l'ex sindaco fiorentino vuol venderci. Non tutti ci siamo però accorti che può davvero trattarsi di un primo tassello. La crisi ha spazzato via, oltre a soldi e lavoro, anche l'ottimismo e la speranza di poter vedere una via d'uscita, complice una classe politica capace solo di specchiarsi in sé e nei suoi interessi. Insomma, la sensazione dominante è quella di essere soli.

Ecco, un primo segnale di aiuto c'è stato, seppur fievole.

Dieci miliardi a dieci milioni di lavoratori. Il piano Renzi (che, poco da obiettare, procede spedito), con questo provvedimento, dovrebbe portare circa 1.000 euro in più all'anno nella busta paga di chi guadagna fino a 1.500 euro al mese. Nel quotidiano, circa 80 euro in più al mese. Credo non servano pareri di esperti per capire che non si tratta affatto di una rivoluzione, non saranno certo questi soldi a salvare famiglie in difficoltà dai patemi d'animo per il pagamento dell'affitto, ma si tratta pur sempre di qualcosa in più. Buttiamoli via?

Certamente no, se nella panetteria di De Falco lavorava una donna per 10 euro al giorno, pensiamo che, in ogni misura, ogni centesimo faccia comodo.

Questi 80 euro significano comunque qualche risparmio in più, una spesa al supermercato in più, oppure una cena in pizzeria con a famiglia (e di questi tempi anche una semplice cena serena non è cosa scontata). Sarebbe una presa in giro se fosse questa la rivoluzione, e non ci fossero altri provvedimenti. Discorso diverso lo è se questo taglio sarà davvero un primo atto.

Manovra comunque non esente da qualche critica. Come detto, il beneficio è minimo. In secondo luogo sarebbe stato più auspicabile una precedenza del taglio dell'Irap (tassa controproducente nei confronti dell'occupazione e molto odiata dagli imprenditori), in quanto forse avere più buste paga, sarebbe stato preferibile dall'avere buste paga poco più pesanti.

Ricorda un po' la parabola del dare un pesce anziché insegnare a pescare. Altra considerazione: più soldi sono a disposizione, ma essendo pochi non è azzardato pensare che andranno nelle casse di prodotti stranieri, prevalentemente nel Made in China, che non darebbe ovviamente una mano all'economia. Sarebbe quindi giusto supportare la manovra con delle agevolazioni per il Made in Italy, accompagnata da una sensibilizzazione al tema. Insomma, diamoci una mano in casa.

In ogni caso, assieme ad altri piani (compreso quello per l'edilizia scolastica), il Premier ha promesso il taglio dell'Irap, derivante dall'aumento della tassazione dal 20% al 26% sulle rendite finanziarie, a partire da maggio.

Auguriamoci che non rimangano parole al vento, come siamo stati abituati a credere ("La differenza fra un sogno e un progetto è la data" ha detto a Che tempo che fa il Presidente del Consiglio citando Walt Disney).

Nel frattempo il disfattismo (giustificatissimo) serve a poco; proviamo ad avere fiducia in questo Governo (che per le identità dei suoi Ministri lascia tuttora qualche perplessità) più che nell'Uomo della Redenzione del quale Machiavelli auspicava la venuta (l'esperienza ha dimostrato che l'affidarsi dell'Italia ad un unico "uomo salvatore" non è mai stato un esperimento riuscito). Proviamo ad averne a scapito di un atteggiamento attendista della prossima crisi di Governo. Questo, ovviamente, senza illuderci, idolatrare o farsi prender in giro. Siamo ad un bivio, possiamo solo sperare che si tratti veramente del #laSvoltabuona.