Tra giugno e luglio sono state molte le notizie inerenti l’introduzione di nuove tasse ed imposte, alcune solo presunte tali, che andranno a pesare sulle tasche dei contribuenti. Come purtroppo già noto a molti, la pressione fiscale sui privati cittadini e sugli imprenditori rende la vita difficile a tutti, specialmente considerando la crisi economica che da anni affligge il nostro Paese.
Sebbene il governo abbia promesso una riduzione di tasse ed imposte nei prossimi anni, ci si trova attualmente a far fronte a spese imposte dal governo centrale che impediscono a molti di arrivare a fine mese in tranquillità.
In quest’articolo ci si vuole soffermare su una particolare imposta che colpisce indirettamente, ma non troppo, tutti coloro che usano mezzi motorizzati: l’accisa sui carburanti.
Che cos’è l’accisa?
L’accisa, in generale, rappresenta un tipo di imposta applicata sulla fabbricazione e sulla vendita di prodotti di consumo. Tale imposizione può essere applicata su specifici prodotti (nel caso in esame, ad esempio, sulla benzina) e può incidere, talvolta in maniera non poco rilevante, sul prezzo finale che il consumatore andrà a pagare, andando questa a sommarsi a tributi già presenti sui prodotti stessi (ad esempio l’IVA).
Si desidera approfondire l’argomento delle accise sulla benzina in quanto tale imposta rappresenta un caso molto particolare, su cui può risultare utile far luce.
Esaminando quanto tale imposta va ad incidere sul prezzo finale della benzina, infatti, si scopre che su ogni litro si pagano € 0.5 (cifra compresa di IVA che, come esposto poco sopra, si va ad aggiungere) di accise, cifra questa che nei prossimi anni potrebbe addirittura aumentare; basti pensare, a tal proposito, che la legge di stabilità 2014 ha previsto, al comma 626, un aumento di tale tributo da applicare entro il 31 dicembre 2016.
Ciò che desta più stupore, tuttavia, è che la cifra sopra menzionata è frutto di aumentiimposti per accumulare soldi al fine difar fronte ad eventi che oramai risultano obsoleti. Ecco un'elencazione completa delle accise ancora vigenti, lista che, come si vedrà, parte addirittura dal 1935 (le cifre in lire sono convertite per comodità in euro):
- € 0,000981: finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936;
€ 0,00723: finanziamento della crisi di Suez del 1956;
- € 0,00516: ricostruzione post disastro del Vajont del 1963;
- € 0,00516: ricostruzione post alluvione di Firenze del 1966;
- € 0,00516: ricostruzione post terremoto del Belice del 1968;
- € 0,0511: ricostruzione post terremoto del Friuli del 1976;
- € 0,0387: ricostruzione post terremoto dell’Irpinia del 1980;
- € 0,106: finanziamento della guerra in Libano del 1983;
- € 0,0114: finanziamento della missione in Bosnia del 1996;
- € 0,02: rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004;
- € 0,005: acquisto di autobus ecologici nel 2005;
- € 0,0051: terremoto dell’Aquila del 2009;
- € 0,0073: finanziamento della manutenzione e la conservazione dei beni culturali, di enti ed istituzioni culturali nel 2011;
- € 0,04: arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011;
- € 0,0089: alluvione in Liguria e Toscana nel novembre 2011;
- € 0,082 (€ 0,113 sul diesel): decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011;
- € 0,02: finanziamento post terremoti dell’Emilia del 2012.
Il ricorso all’aumento delle accise sui carburanti è stato uno strumento, come si può vedere, utilizzato peranni dai governi che si sono succeduti per far cassa.
Parte degli incrementi deliberati a suo tempo sono però attualmente palesemente inutili (non serve un ulteriore approfondimento per dimostrare che sia tale, ad esempio, l’accisa per finanziare la guerra in Etiopia).
In una politica di riduzione del carico fiscale sui contribuenti, il governo potrebbe anche iniziare a ponderare l’abolizione di tutte le imposte obsolete, di cui parte delle accise sui carburanti rappresenta, probabilmente, solo la punta dell’iceberg.