Il protrarsi della crisi economica ha spinto il legislatore a predisporre una riforma della legge fallimentare associando alla normativa fondamentale contenuta nel R.D del 16 marzo del 1942 n° 267, cosiddetta Legge Fallimentare, una serie di nuovi istituti che possono facilitare la risoluzione delle crisi d'impresa anche attraverso autonomi accordi tra i privati coinvolti nella vicenda. Tra quest'ultimo tipo di istituti c'è sicuramente l'accordo di ristrutturazione dei debiti disciplinato, all'interno della stessa Legge Fallimentare, dall'articolo 182 bis.

Recentemente con la Risposta n° 414 A dell' 11 ottobre 2019 l'amministrazione finanziaria ha stabilito che l'eventuale proroga dell'accordo di ristrutturazione dei debiti dell'impresa, debitamente omologato dal Tribunale competente ma comunque scaduto, non ne inficia la validità tra i contraenti.

Il quesito posto all'Agenzia delle Entrate

L'amministrazione finanziaria si è trovata a rispondere all'istanza postale da una società in liquidazione con diversi debiti nei confronti di vari istituti bancari. Al fine di evitare dei lunghi contenziosi in sede civile e, molto più realisticamente, una dichiarazione di fallimento, la società istante ha provveduto a sottoscrivere con le banche creditrici un accordo di ristrutturazione dei debiti e a farlo regolarmente omologare dal Tribunale competente in base a quanto disposto dall'articolo 182- bis della Legge Fallimentare.

Il suddetto accordo è stato anche depositato, come previsto dalla legge, presso il Registro delle Imprese. Nello specifico, l'accordo di ristrutturazione dei debiti prevedeva che si procedesse alla vendita di un immobile di proprietà della società posta in liquidazione e con il ricavato venissero saldati parte dei debiti che la stessa società aveva contratto con gli istituti di credito aderenti all'accordo e che la differenza fosse stralciata, chiudendo in questo modo ogni eventuale contenzioso tra le parti.

Per di più, la società aveva provveduto anche a saldare tutti i debiti precedenti contratti con soggetti diversi dagli istituti bancari.

D'altra parte, nonostante l'intensa attività dei liquidatori e nonostante la società venditrice abbia ricevuto, durante il periodo di vigenza dell'accordo, diverse manifestazioni di interesse, non si è comunque riusciti a realizzare la vendita nei tempi previsti.

Ma solo successivamente alla scadenza. Il che ha richiesto che venisse stipulata tra le parti una proroga dell'accordo di ristrutturazione stesso. Tale proroga è stata accettata e sottoscritta da tutte le parti aderenti all'originario accordo di ristrutturazione e nessuna delle banche creditrici, quindi, ha intrapreso azioni per il recupero diretto del proprio credito.

D'altra parte la proroga stessa non è stata oggetto di omologazione da parte del Tribunale competente, anche perché come fatto notare dalla società interpellante non poteva esserlo. A sostegno di tale orientamento la società interpellante ha citato quanto stabilito da una sentenza del Tribunale di Terni del 4 luglio 2011 in base alla quale dato che la proroga dell'accordo attiene alla fase attuativo - esecutiva dell'accordo stesso, senza andarlo a modificare in maniera sostanziale, non ci sarebbe necessità di una ulteriore omologazione da parte del Tribunale competente.

Tutto ciò premesso, la società interpellante chiede all'amministrazione finanziaria se il provento derivante dalla vendita dell'immobile e oggetto dell'accordo di ristrutturazione dei debiti debitamente omologato ma scaduto, possa non essere assoggettato a tassazione in base a quanto disposto dall'articolo 88, comma 4 ter, del Tuir. Tale disposizione afferma che non si considerano sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell'impresa a seguito di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis della Legge Fallimentare per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'articolo 84, senza considerare il limite dell'ottanta per cento e l'eccedenza relativa all'aiuto alla crescita economica e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati.

La risposta dell'amministrazione finanziaria

L'Agenzia delle Entrate, in via preliminare e senza entrare nello specifico delle scelte operate dalla società interpellante per quanto riguarda l'apposizione delle voci di bilancio, precisa i requisiti stabiliti dall'articolo 182 - bis della Legge Fallimentare per la piena validità di un accordo di ristrutturazione dei debiti. E cioè che l'accordo di ristrutturazione sia sottoscritto da almeno il 60% dei creditori dell'impresa, dopo che la sua concreta attuabilità sia stata asseverata dalla relazione di un esperto nominato in base a quanto contenuto nell'articolo 67, 3 comma, lettera d) della Legge Fallimentare.

Inoltre, con l'accordo di ristrutturazione dei debiti, precisa l'Agenzia delle Entrate viene meno il carattere della concorsualità tra i creditori della società interessata.

E questo in quanto nell'accordo non vengono coinvolti tutti i creditori ma solo quelli che aderiscono allo stesso. In secondo luogo, manca il carattere dell'ufficialità perché il giudice si limita a ratificare degli accordi e a rendere irrevocabili degli atti posti in esecuzione di detti accordi.

Di conseguenza, nel caso specifico visto il dettato testuale normativo dell'articolo 88, comma 4-ter, del Tuir e visto che tutti i creditori della società istante sono stati soddisfatti e, inoltre, che la proroga dell'accordo omologato ma scaduto deve essere considerata una mera estensione dello stesso senza alcuna pretesa di produrre degli effetti novativi del rapporto contrattuale originario, l'amministrazione finanziaria ritiene che il provento derivato dalla vendita dell'immobile possa essere esentato da tassazione in base al disposto dell'articolo 88, comma 4-ter, del Tuir.