Anche se l'amministratore di fatto di una società di capitali e il suo legale rappresentante pongono in essere una serie di atti volti a conseguire un illecito profitto omettendo di versare all'Erario le ritenute obbligatorie e, nel contempo, sottrarre fraudolentemente beni mobili e immobili per evitare il pagamento delle relative imposte, l'Agenzia delle Entrate che procede ai dovuti accertamenti e controlli non può procedere al sequestro preventivo di un immobile che è stato acquistato prima che fosse commesso il reato di omesso versamento delle ritenute.
Questo, in sintesi, quanto è stato stabilito dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione e cristallizzato nella Sentenza n° 50434/2019 depositata in Cancelleria lo scorso 13 dicembre 2019.
I fatti che hanno portato al giudizio della Suprema Corte
La Suprema Corte di Cassazione si è trovata a giudicare il ricorso presentato da un contribuente, indagato per il reato tributario di omesso versamento di ritenute certificate, che si è visto confermare dal Tribunale del Riesame di Gorizia il sequestro preventivo dell'immobile in cui aveva posto la propria residenza ed abitazione. Il Tribunale del Riesame di Gorizia aveva giustificato il provvedimento di sequestro sostenendo che il contribuente indagato aveva già attuato delle condotte volte ad evitare il pagamento di imposte a titolo di Iva per complessivi 639.000 euro.
A tale scopo sarebbero state poste in essere delle condotte fraudolente sui beni societari, compreso l'immobile in cui il contribuente indagato abitava a seguito a regolare contratto di locazione abitativa debitamente registrato, in modo da rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva da parte dell'amministrazione finanziaria.
In particolare, i beni immobili sarebbero stati attribuiti a due società con sede legale all'estero e di cui il ricorrente risultava essere l'amministratore di fatto. Contro tale decisione il legale di fiducia del contribuente indagato ha proposto ricorso per Cassazione.
La decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha ritenuto di dover accogliere il ricorso presentato dal contribuente indagato ribaltando quanto deciso dal Tribunale del Riesame di Gorizia.
In via preliminare, il Supremo Collegio ricorda come il soggetto ricorrente abbia un interesse concreto ed attuale per procedere all'impugnazione della sentenza del Tribunale del Riesame. Questo in base al disposto dell'articolo 322 del Codice di Procedura Penale. In pratica, anche il sequestro preventivo può essere sottoposto ad impugnazione in un'ottica di garanzia dei soggetti coinvolti.
La Suprema Corte fa notare come il sequestro preventivo predisposto dal Gip del Tribunale del Riesame sia stato emesso per ottenere la confisca diretta del profitto del reato dell'immobile che, legalmente, era di proprietà di una delle due società estere. E questo fino a concorrenza dell'importo di poco più di 244.000 euro.
Tale, infatti, era secondo il Tribunale del Riesame di Gorizia il profitto del reato di omesso versamento di ritenute certificate. Per di più, secondo quanto sostenuto dall'accusa, la società estera proprietaria dell'immobile oggetto di sequestro sarebbe una società fittizia e l'unica attività presente all'interno del suo Bilancio era proprio l'immobile oggetto di sequestro. In ultima analisi, secondo la prospettazione fatta dal Gip e accolta anche dal Tribunale del Riesame di Gorizia l'attuale ricorrente avrebbe utilizzato la seconda società estera per generare illecitamente la provvista necessaria all'acquisto dell'immobile da parte della seconda società, di cui era sempre amministratore di fatto.
Questa, successivamente, provvedeva a locarlo al ricorrente. Per l'acquisto, ovviamente, sarebbero stati utilizzati i proventi del reato contestato.
D'altra parte, la Corte di Cassazione ha evidenziato come la difesa del contribuente ricorrente abbia giustamente fatto notare che il rogito notarile che ha certificato la compravendita dell'immobile oggetto di sequestro sia avvenuta il 4 maggio 2011. Mentre il reato di omesso versamento delle ritenute certificate sarebbe stato commesso nel 2012 e, quindi, non poteva assolutamente sostenersi che la provvista utilizzata per detto acquisto sia da ricercare nell'indebito profitto del reato, essendo trascorso un anno dall'acquisto dell'immobile. Quindi, chiarisce il giudice di legittimità, nel caso di specie manca la necessaria diretta derivazione causale dalla commissione del reato per giustificare l'applicazione del sequestro preventivo.
E nel caso di specie il reato di omesso versamento delle ritenute si è concretizzato solo a settembre 2013 in relazione ad importi del 2012 come detto sopra. Da ciò deriva, secondo la Corte di Cassazione che, per "profitto del reato" deve intendersi solo quello derivante causalmente e direttamente dal reato medesimo. Di conseguenza, possono essere oggetto di sequestro preventivo e confisca solo quei beni, mobili e immobili, che siano stati acquistati direttamente con il "profitto del reato". Per tali motivi la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullato la sentenza impugnata e predisposto la restituzione dell'immobile al ricorrente.