Il Processo civile telematico, introdotto nel nostro ordinamento a partire dal 30 giugno 2014, ha rappresentato un'importantissima innovazione. Anche tenendo conto dei tempi "biblici" della giustizia civile italiana. D'altra parte, data la sua recente introduzione, il cosiddetto PCT ha dato adito a molti dibattiti non solo di natura meramente accademica. Infatti, cittadini ed operatori del diritto si sono trovati a dover "familiarizzare" con questa nuova modalità di introduzione al contenzioso civile. Tanto più che, a tutt'oggi, esso è operativo solo per alcune giurisdizioni e non per tutte.
Basti pensare che l'introduzione nel giudizio di fronte alla Corte di Cassazione avviene ancora in modalità cartacea. D'altra parte, la stessa Corte di Cassazione si è trovata a dover dirimere diverse questioni attinenti il Processo civile telematico. L'ultima, in ordine di tempo, è l'Ordinanza n° 5372/2020 della Prima Sezione Civile della Suprema Corte, nella quale è stato chiarito che l'invio della Ricevuta di Avvenuta Consegna, o RAC, anche se il ricorrente non ha provveduto ad effettuare il pagamento delle Tasse, nello specifico della marca da bollo dovuta, perfeziona comunque il deposito degli atti.
Processo civile i fatti a base del giudizio
Il Supremo Collegio si è trovato di fronte al caso di un cittadino extracomunitario che ha citato in giudizio il Ministero dell'Interno italiano.
Il cittadino extra-comunitario aveva fatto richiesta di poter usufruire della protezione internazionale. Tale protezione gli era stata negata dalla Commissione territoriale competente per materia. Il cittadino extra-comunitario aveva, quindi, impugnato la decisione della Commissione dinanzi al Tribunale di Cagliari. Ma, il Tribunale adito aveva dichiarato inammissibile il ricorso.
Il Tribunale di Cagliari aveva giustificato tale decisione sostenendo che il provvedimento impugnato era stato notificato al ricorrente in data 14 settembre 2017. Il ricorrente, secondo il Tribunale, aveva depositato la sua istanza di ricorso solo il 23 ottobre 2017. Quindi ben oltre i 30 giorni concessi dalla legge come termine perentorio per la presentazione del ricorso.
Tale termine è fissato dall'articolo 35-bis del Decreto legislativo 28 gennaio 2008 n° 25 che tratta " Delle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale".
Il Tribunale di Cagliari ha rigettato il ricorso del cittadino extra- comunitario in quanto ha sostenuto che lo stesso avrebbe errato in quanto avrebbe presentato due volte l'istanza di ricorso. La prima volta, il ricorrente avrebbe effettuato l'invio telematicamente ma non aveva prodotto la necessaria e coeva marca da bollo. Di conseguenza, il Tribunale di Cagliari ha ritenuto applicabile al caso di specie l'articolo 285 del DPR 30 maggio 2002 n° 115, il cosiddetto Testo Unico in materia di spese di giustizia.
Tale norma disciplina le " Modalità di pagamento del diritto di copia e delle spese per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile". Inoltre, il Tribunale di Cagliari ha sostenuto che dopo l'invio, a mezzo posta elettronica certificata, dell'esito negativo dei controlli manuali, il ricorrente avrebbe avuto il tempo materiale di inviare nuovo ricorso. Cosa che avrebbe fatto, ma tardivamente. Di conseguenza, era la conclusione del Tribunale adito, l'inammissibilità del ricorso era da imputare esclusivamente all'inerzia del cittadino extra- comunitario istante.
Processo telematico i motivi della difesa
La difesa del cittadino extra-comunitario ha basato il ricorso davanti alla Suprema Corte di Cassazione esclusivamente su un unico motivo.
Alla base della presentazione del ricorso, infatti, vi sarebbe la violazione dell'articolo 16-bis, comma 7, del Decreto legge 179/2012. Tale norma detta disposizioni specifiche circa la "Obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali". E, nello specifico, il comma 7 di detto articolo precisa che, nel processo civile telematico, il deposito degli atti " si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia". La medesima disposizione si ritrova all'articolo 13, comma 2, del Decreto ministeriale n° 44/2011. Inoltre, secondo la difesa, il Tribunale di Cagliari sarebbe incorso nella falsa o erronea applicazione del disposto degli articoli 153 e 155 del Codice di Procedura Civile.
Questi disciplinano, infatti, l'improrogabilità dei termini perentori e il computo dei termini.
La difesa del ricorrente ha, infatti, sostenuto che il ricorso fu presentato nei termini previsti per il processo civile telematico in data 12 ottobre 2017. E a prova di quanto affermato vi sarebbe la ricevuta di avvenuta consegna della pec trasmessa. Di conseguenza, è stato il ragionamento del difensore, non era possibile ritenere applicabile al caso di specie l'articolo 285 del Testo unico in materia di spese di giustizia. Inoltre, la difesa ha fatto notare come sia stata tempestivamente richiesto alla Cancelleria del Tribunale di effettuare l'accertamento della ricevibilità del deposito telematico del ricorso stesso.
Processo civile la decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha ritenuto di dover accogliere le ragioni del ricorrente. Il Supremo Collegio ha, innanzitutto, inquadrato la questione del mancato pagamento della marca da bollo all'interno della nuova procedura di deposito degli atti nell'ambito del processo civile telematico. La Suprema Corte ha fatto notare, infatti, che, la sanzione della irricevibilità degli atti per mancato rispetto delle disposizioni di carattere fiscale, richiesta dall'articolo 285 del Testo Unico sulle spese di giustizia, si basava sul presupposto di un deposito di materiale cartaceo. La Corte ha, poi, fatto riferimento alla Nota n°164259 del 4 settembre 2017 del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia - Direzione Generale della Giustizia Civile.
Con tale documento di prassi il Ministero ha chiarito che la sanzione della irricevibilità non si applica al deposito degli atti nel processo civile telematico.
La Suprema Corte, pur riconoscendo che il giudice non può sottostare all'interpretazione di una nota ministeriale, ha ritenuto condivisibile questo orientamento nel caso di specie. Inoltre, per la Suprema Corte, risulta decisivo per dirimere la questione quanto statuito dall'articolo 16-bis, comma 7, del Decreto legge 179/2012 in merito alla ricezione via pec della ricevuta di avvenuta consegna. Tanto che, specifica la Cassazione, dal momento di tale ricezione, essendosi perfezionato il deposito, non residua alcuno spazio per un rifiuto di ricezione degli atti per irregolarità fiscale.
Ed è pacifico che tale ricevuta, nel caso di specie, sia stata ottenuta prima dello spirare del termine di legge. Di conseguenza, ha sbagliato il Tribunale di Cagliari a ritenere tardivo il ricorso. La Cassazione ha, quindi, annullato la sentenza.