L’adolescenza, è ben noto, è il momento nel quale i ragazzi e le ragazze riescono ad emanciparsi dal controllo educativo dei genitori ed è proprio in questa fase di transizione che essi scelgono quanto tempo dedicare al mondo reale e quanto a quello virtuale. Molti genitori sono convinti che le ore passate nel mondo “artificiale” siano sprecate, inutili, una dimensione nella quale non vi è crescita.

I ragazzi, invece, vedono la realtà virtuale come un prolungamento del processo di socializzazione, la costruzione di una rete di contatti (Facebook docet), una sfera dove acquisire abilità e confrontarsi.

Ma l’interrogativo è lecito e naturale: occorre gioco forza preoccuparci se i nostri figli passano parte del loro tempo giocando con la console, la playstation o navigando sul Web? Forse no.

Internet sviluppa attività cognitive e consente ai ragazzi di imitare, simulare delle attività virili come il combattimento, la lotta, il mettersi in salvo dalla morte, tutte attività represse nel quotidiano.  I più timidi e vergognosi addirittura possono persino esercitare il gioco della seduzione. Ma non è tutto:  le relazioni sociali intessute sulle piattaforme sociali sono , spesso, più intense di quelle coltivate sui campi di calcetto, in palestra o in discoteca. In primis perché si comunica scrivendo e ciò implica un forte coinvolgimento cognitivo ed emotivo.

Poi perché si condividono foto, filmati, ricordi: si decide di mettere in gioco con gli altri la propria sfera privata, la più intima, dunque la meno superficiale. Il campanello d’allarme scatta nel momento in cui la sfera virtuale scavalca quella della vita reale, finendo per assorbire tutto il tempo dei ragazzi. In Giappone, in tal senso si parla degli “hikikomori” vale a dire quei ragazzi che se ne stanno in disparte, chiusi nel microcosmo della loro stanza e del loro computer.

Essi rifiutano la scuola, con scuse banali come un finto malessere fisico o bullismo inventato. I ragazzi iniziano ad assentarsi dalle difficoltà e dalle delusioni della vita reale, che spesso coincidono con il percorso e la dimensione scolastica. Solo in quel momento allora bisogna aprire la porta della cameretta e intervenire concretamente.